AGRIGENTO. Si aggravano le accuse contro l' avvocato Giuseppe Arnone. Non si trattò di un contratto di transazione, ma di un documento «artatamente predisposto, senza alcun mandato, ai fini di esclusivo e illecito arricchimento». Il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, all' indomani dell' arresto dell' avvocato Arnone, sorpreso dopo avere intascato due assegni del valore complessivo di 14 mila euro, ritenuti dagli inquirenti il corrispettivo per non alimentare una campagna mediatica contro una collega, replica ad alcuni documenti in difesa del noto legale agrigentino diffusi nelle ultime ore soprattutto sui social network.
Arnone, sabato mattina, è stato bloccato dagli agenti della squadra mobile che, il giorno prima, avevano concordato la «trappola» con l' avvocatessa Francesca Picone, la professionista imputata in un procedimento per estorsione, legato a presunte pretese indebite di denaro fatte ad alcuni clienti che l' avevano denunciata dando mandato proprio ad Arnone di costituirsi parte civile.
In Questura, dove è rimasto alcune ore, prima di essere trasportato in carcere da un' uscita secondaria, Arnone, che si era presentato all' appuntamento insieme al collega Luigi Restivo, si è difeso sostenendo che gli assegni sono il corrispettivo di un accordo transattivo e che sarebbe stato assurdo chiedere una tangente con queste modalità. Il suo legale Arnaldo Faro, nominato difensore insieme all' avvocato Carmelita Danile, ha ribadito che «all' accordo transattivo hanno lavorato sei professionisti». Tesi rilanciate da amici e conoscenti di Arnone, soprattutto sui social network, alle quali Patronaggio ha ieri replicato con una nota chiarificatrice.
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