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Il delitto di Cattolica, il fratello di Miceli: "Ucciso per soldi"

CATTOLICA ERACLEA. «Lo hanno ucciso come un cane, può l'uomo arrivare a tanta barbarie per soldi?". Lo ha detto ieri il signor Ignazio Miceli, impiegato regionale in pensione, ancora sotto shock per la tragica morte del fratello Giuseppe, il marmista cattolicese di 67 anni ucciso domenica scorsa nel suo ufficio che si trova accanto al laboratorio per la lavorazione di marmi e graniti in via Crispi, una delle traverse della centralissima via Oreto.

L'uomo è stato ammazzato domenica sera con due colpi tra la testa e la nuca sferrati con un oggetto contundente, forse un pezzo di granito a quanto pare ritrovato dagli investigatori sul luogo del delitto. Il suo corpo privo di vita è stato ritrovato dal fratello lunedì mattina intorno alle 8 riverso sul pavimento in una pozza di sangue. Ad uccidere Giuseppe Miceli, a quanto pare a margine di una colluttazione, sarebbero state almeno due persone.

Sono questi i primi elementi emersi a margine dell'autopsia, disposta dal sostituto procuratore Silvia Baldi, eseguita nella camera mortuaria dell'ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento da due medici legali, uno di Sciacca e uno di Palermo, che non lascia spazio a dubbi: si tratta di omicidio.  «Fino alle 17.30 di domenica scorsa mio fratello è stato visto al bar da diversi amici, quindi certamente è stato ucciso da alcuni balordi dopo quell'ora", ha detto ieri il fratello maggiore con la voce rotta dalla commozione. "E' stato sicuramente aggredito da più persone - ha aggiunto - perché se l'aggressore fosse stato da solo mio fratello, secondo me, sarebbe stato sicuramente in grado di difendersi».

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