BIVONA. «Se c’è un marchio di infamia nella lotta contro le mafie questa infamia sta tutta dentro la fine ingloriosa dell’azienda edile dell’imprenditore Ignazio Cutrò». Non usano mezzi termini il segretario generale della Cgil agrigentina Massimo Raso e quello della categoria degli edili, la Fillea diretta da Vito Baglio. Cutrò, il testimone di giudstizia di Bivona ha infatti annunciato la chiusura della sua azienda per la mancanza di qualche migliaia di euro al termine di una impari lotta contro la burocrazia italiana.
«Già qualche anno fa - aggiungono Raso e Baglio- profeticamente, il Giudice Salvatore Vella, diceva che «quando, tra un paio di generazioni, qualche imprenditore vorrà denunciare la mafia gli ricorderanno la vicenda di quella che ormai è una sconfitta dello Stato, ovvero la triste storia di Ignazio Cutrò. Auspichiamo un intervento forte e tempestivo da parte delle istituzioni nazionali e regionali affinché Ignazio Cutro possa essere messo nelle condizioni di lavorare e di fare impresa e, in ogni caso, di poter provvedere alle esigenze economiche della sua famiglia». Parole dure anche dall’Associazione nazionale dei testimoni di Giustizia. «L’azienda di Cutrò - scrivono in un documento - chiude nel più assoluto silenzio del Ministero dell’Interno e del ministro Alfano. Azienda fallita e stramazzata al suolo in nome e per colpa dell’indifferenza della speciale Commissione Centrale del Viminale e del suo presidente, il vice ministro Filippo Bubbico, colui cioè che in seno al governo Renzi avrebbe dovuto e potuto accompagnare Cutrò nel suo percorso di denuncia nella lotta contro la criminalità organizzata di stampo mafioso nel territorio di Agrigento.
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