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Morì per sangue infetto ad Agrigento, risarciti anche i figli

Per fatti risalenti a quel periodo il gup di Napoli ha disposto il rinvio a giudizio dell'ex direttore del Servizio farmaceutico nazionale, Duilio Poggiolini

AGRIGENTO. Muore di epatite a causa di una trasfusione di sangue infetto: lo Stato prima lo risarcisce in vita per i danni subiti e poi, dopo il decesso, paga i danni ai familiari. Nel 1990 G.F., all'età di 39 anni, durante un ricovero all'ospedale "Cervello" di Palermo, veniva sottoposto ad una trasfusione di sangue rivelatosi infetto da virus dell'epatite C. Nel 2008, dopo avere scoperto di avere contratto il virus, che nel frattempo gli aveva provocato una cirrosi epatica, G.F., insieme ai figli, avviava con l'assistenza degli avvocati Angelo Farruggia e Annalisa Russello una causa civile contro il ministero della Salute, ritenuto responsabile di avere favorito, con l'omissione dei controlli già all'epoca previsti dalla legge in materia di raccolta, distribuzione e somministrazione di sangue, che in grosse quantità veniva importato da paesi come l'Asia e l'Africa, ad alto rischio patogeno, una vera e propria epidemia colposa per la diffusione del virus.

Per fatti risalenti a quel periodo di recente il gup di Napoli ha disposto il rinvio a giudizio dell'ex direttore del Servizio farmaceutico nazionale, Duilio Poggiolini, accusato di concorso in omicidio colposo nell'ambito dell'inchiesta su una serie di decessi di pazienti dovuti a somministrazione di sangue infetto o emoderivati. A maggio del 2010 il tribunale di Palermo aveva condannato il ministero della salute, assistito dall'Avvocatura di Stato, a risarcire in favore di G.F. la somma complessiva di 821.565 euro a titolo di danno non patrimoniale e, in favore di ciascuno dei quattro figli, la somma di 50.000 euro a titolo di danni morali.

 

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