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Crollo di Palazzo Lo Jacono ad Agrigento, chiesti due anni per Zambuto per disastro colposo

AGRIGENTO. «Sapeva che il palazzo rischiava di crollare e i lavori che furono eseguiti non solo si rivelarono inutili ma probabilmente anche dannosi, per questo l’ex sindaco Marco Zambuto deve essere condannato»: due anni di reclusione è la pena proposta dal pubblico ministero Santo Fornasier al termine della requisitoria del processo per il crollo di Palazzo Lo Jacono. La pena proposta è ridotta di un terzo per effetto del rito abbreviato ed è relativa solo all’accusa di disastro colposo. Il pm, infatti, ha ritenuto chiarita la posizione di Zambuto in relazione al crollo del palazzo noto come “Istituto Schifano”, caduto al suolo il 14 marzo del 2011, undici giorni prima del complesso monumentale Palazzo Lo Jacono. Per le due accuse di crollo colposo e omissione di atti di ufficio – che scaturiva dal fatto che non sarebbero stati eseguiti i lavori dopo le segnalazioni della diocesi – è stata chiesta l’assoluzione in quanto “non è emersa una indubbia responsabilità dell’ex sindaco”. Il pm Fornasier ha ribadito che il secentesco palazzo Lo Jacono Maraventano sarebbe crollato per “grave negligenza e imperizia”: le indicazioni della Protezione civile - sostiene l’accusa - sarebbero state disattese e i lavori di messa in sicurezza non sarebbero stati svolti in maniera adeguata. Per questo, il 25 aprile del 2011, tre giorni dopo la processione del venerdì santo, quando migliaia di persone sarebbero state travolte dalle macerie, la struttura monumentale, una delle più antiche e di pregio della città, crollò. Zambuto, che due settimane fa si è dimesso dopo una condanna a due mesi e venti giorni per abuso di ufficio nell’ambito dell’inchiesta sulla Fondazione Pirandello, ha seguito l’intera udienza insieme ai suoi difensori Antonino Gaziano e Giacomo La Russa. I legali durante la loro arringa hanno sottolineato che «il sindaco ha fatto tutto quello che doveva fare, ha emesso ordinanze e ha dato direttive formali per eseguire i lavori. La competenza tecnica sull’idoneità dei lavori stessi non competeva a lui». Intanto le parti civili (proprietari di immobili circostanti evacuati e dello stesso Palazzo Lo Jacono, che appartiene a decine di cittadini che lo hanno ricevuto in eredità) gli hanno chiesto il risarcimento dei danni. Dopo la requisitoria del pm gli avvocati Donata Posante e Giuseppe Contato (anche in sostituzione dei legali Alfonso Neri, Pierluigi Cappello e Omar Gianpaolo Mohamed Ahmed) hanno depositato la comparsa con cui chiedono la condanna dell’ex sindaco e il pagamento di un risarcimento per avere perso la disponibilità di una casa. Il processo si concluderà il 17 settembre. In quella data il gup Ottavio Mosti deciderà anche se rinviare a giudizio gli altri nove imputati che non hanno chiesto il rito abbreviato. Si tratta di Giuseppe Principato, capo dell’Utc di Agrigento; Calogero Tulumello, funzionario di Palazzo dei Giganti; Attilio Sciara, capo della Protezione civile comunale; nonché Gaspare Triassi, Marcello Cappellino e Andrea Patti, componenti del collegio di progettazione e di direzione dei lavori urgenti per la messa in sicurezza dell’edificio del centro storico. Nell’elenco anche Giuseppe, Calogero e Carmelo Analfino di Agrigento, responsabili della ditta “Edil.Co.A” che ha eseguito i lavori.

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