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Agrigento, commerciante cinese indica gli estorsori

Stavolta è un orientale ad accusare: «Mi hanno chiesto i soldi e ho detto che non pagavo. E sono andato in Questura»

AGRIGENTO. «Sono venuti a chiedermi soldi dicendomi che i cinesi ad Agrigento dovevano pagare. Cosa ho fatto? Ho detto che avevo famiglia e se lo potevano scordare, sono andato in Questura». La «lezione» alle tante vittime del pizzo, spesso reticenti o inclini a sminuire, arriva da Ren Yi, trentatrenne commerciante orientale che tutti in città chiamano Mario.
Il suo negozio di oggettistica è uno dei tanti - quasi una decina - che negli ultimi anni hanno aperto i battenti nella centralissima via Imera. I nuovi capi di Cosa Nostra agrigentina, sostiene l'accusa, avevano deciso che anche lui doveva pagare. Per andargli a chiedere il pizzo il presunto capo del nuovo mandamento Francesco Ribisi avrebbe incaricato personalmente il suo braccio destro Giovanni Tarallo e Luca Cosentino, l'uomo che avrebbe coordinato la «manovalanza» di Cosa Nostra che andava in giro per la provincia a organizzare estorsioni e intimidazioni.
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