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Il crollo con la morte delle sorelline: "La zia inviò una lettera al Comune"

La questione è stata sollevata dagli avvocati Scozzari e Pennica che assistono l’architetto Giacomo Sorce

AGRIGENTO. La zia delle sorelline Chiare e Marianna Bellavia, morte nel crollo della loro abitazione il 23 gennaio del 2010, aveva inviato una lettera al Comune per chiedere l'assegnazione di un alloggio popolare nonostante non fosse in graduatoria segnalando situazioni di "particolare pericolo".

La casa crollò ma a distanza di nove anni. Per questo, secondo la difesa, non poteva essere presa in considerazione e nulla ha a che vedere con la tragedia di via del Carmine. Ieri mattina, dopo le sofferte testimonianze dei genitori delle sorelline e della stessa zia Anna che in precedenza abitava in quella casa, è ripreso il processo davanti ai giudici della prima sezione penale presieduta da Giuseppe Melisenda Giambertoni con a latere Maria Alessandra Tedde e Chiara Minerva. Il pubblico ministero Giacomo Forte ha citato alcuni tecnici. La questione della lettera è stata sollevata dagli avvocati Giuseppe Scozzari e Salvatore Pennica che assistono l'architetto dell'Utc di Favara, Giacomo Sorce. L'occasione è stata la testimonianza di Angelo Casà, ex responsabile dell'ufficio Iacp del Comune di Favara.

"Non conosco la signora Bellavia", ha spiegato il tecnico rispondendo alle domande del pm Forte. "Lei - hanno chiesto gli avvocati Pennica e Scozzari - è a conoscenza di una lettera, protocollata il 18 settembre del 2001, con la quale la signora Anna Bellavia fa presente che la sua casa sta per crollare?". Casà non si scompone neppure quando l'avvocato Scozzari gliela porge e ribadisce: "Assolutamente no, mai vista prima". In quegli anni un paio di famiglie riuscirono a ottenere l'assegnazione provvisoria (che poi divenne definitiva con una sorta di sanatoria) di una casa nonostante non fossero in graduatoria. Il funzionario comunale, rispondendo al pm e ai difensori, ha ricostruito quella procedura.

"In un'altra circostanza il sindaco Carmelo Vetro mi disse di trovare un appartamento libero da assegnare in deroga alla graduatoria perché c'era una situazione di particolare bisogno. Questa casa, dove abitava una signora di nome Alba, nei mesi successivi crolló". La difesa, secondo quanto si è potuto leggere fra le righe, ipotizza che la zia delle sorelline abbia scritto quella lettera senza che ci fosse un reale pericolo ("la casa è crollata dopo nove anni") ma solo per cercare di ottenere una casa. Sul banco degli imputati, oltre Vetro e Sorce, l'altro ex sindaco Lorenzo Airò, la proprietaria e il possessore dell'immobile Rosalia Presti e Antonio Noto; e cinque fra dirigenti ed ex dirigenti dell'Utc di Favara: Sebastiano Dispenza, Pasquale Amato, Alberto Avenia, Francesco Criscenzo e Antonio Grova. Si torna in aula l'11 aprile.

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