AGRIGENTO. «Mi manda il principale di Villaseta... quello dell'acqua e vuole sapere quando gli dai 85.000 euro a Gambino». Insieme al boss Antonio Massimino, 48 anni, e al suo presunto «braccio operativo» Liborio Militello, di un anno più giovane, spunta un terzo indagato nell’inchiesta sul giro di estorsioni mafiose che sarebbe stato allestito dai componenti di quella che sembra essere la nuova famiglia mafiosa di Agrigento.
L’8 novembre la Direzione distrettuale antimafia ha fermato Massimino, figura di spicco della mafia agrigentina, tornato libero di recente dopo due condanne rimediate nelle operazioni «Akragas» e «San Calogero», e lo stesso Militello. Sono tre le ipotesi di reato contestate, due delle quali peraltro il tribunale del riesame ha annullato ritenendole insussistenti. Si tratta di estorsioni commesse ai danni di due noti costruttori agrigentini – padre e figlio – che da decenni gestiscono delle imprese ad Agrigento e che hanno denunciato la vicenda.
L’unica accusa di tentata estorsione che resta in piedi, e per la quale Massimino rimane in carcere, riguarda un presunto tentativo di taglieggiamento, indirizzato sempre nei confronti dello stesso imprenditore e del figlio con cui gestisce l’attività.
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