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Agrigento, tentata estorsione a Campione: pena confermata

AGRIGENTO. Sentenza confermata: otto anni e otto mesi di reclusione per Domenico Sciortino, 54 anni, accusato di associazione mafiosa e tentata estorsione; due anni e sei mesi per il figlio trentunenne Salvatore, imputato di favoreggiamento aggravato. La Corte di appello di Palermo presieduta dal giudice Gianfranco Garofalo non ha modificato di una virgola il verdetto emesso il 21 marzo dell’anno scorso, al termine del processo con rito abbreviato, dal giudice dell’udienza preliminare Vittorio Anania. I difensori dei due imputati, gli avvocati Giuseppe Barba e Raimondo Tripodo, hanno impugnato la sentenza chiedendone l’assoluzione e sostenendo la “contraddittorietà delle accuse e la totale mancanza di riscontri alle dichiarazioni dei pentiti”. Il procuratore generale Rosalia Cammà, invece, al termine della requisitoria aveva proposto la conferma delle due condanne. Ieri i giudici si sono ritirati in camera di consiglio e nella tarda mattinata hanno emesso il verdetto riservandosi novanta giorni di tempo per depositare le motivazioni. I due favaresi erano stati arrestati il 13 giugno di due anni fa in un’operazione antimafia eseguita dalla squadra mobile. Il pubblico ministero della Dda, Emanuele Ravaglioli, al termine della requisitoria del processo di primo grado aveva chiesto la condanna a 10 anni per Domenico Sciortino e a tre anni per il figlio. Il primo è stato riconosciuto colpevole associazione mafiosa e tentata estorsione ai danni dell’imprenditore Marco Campione. Secondo la Dda gli avrebbe chiesto una tangente sui lavori di costruzione del dissalatore di Porto Empedocle che Campione stava realizzando con una ditta del suo gruppo. Il fatto risalirebbe al giugno del 2006. Campione denunciò l’episodio dopo poche ore ma in un primo momento non seppe riconoscerlo né fornire elementi utili alla sua identificazione tanto che l’indagine non decollò per molto tempo. La svolta arrivò tre anni più tardi, quando i poliziotti - dopo avere sviluppato altri spunti investigativi alimentati anche dalle dichiarazioni del pentito Maurizio Di Gati - gli mostrarono la sua foto negli uffici della Questura: “È lui, senza ombra di dubbio”, disse davanti all’immagine di Domenico Sciortino, presunto affiliato alla famiglia di Favara. Di Gati ha accusato, invece, il figlio Salvatore di averlo ospitato durante la latitanza. “Per molto tempo - ha raccontato l’ex barbiere di Racalmuto - sono stato latitante in contrada Perciata da Salvatore Sciortino. È uno di Favara”. La difesa, per smentire le dichiarazioni del pentito, secondo il quale avrebbe trascorso l’intera estate del 2003 nella casa di campagna del favarese, ha prodotto agli atti una cartella clinica che attestava le ferite dovute a un grave incidente subito in quel periodo da Salvatore Sciortino che rimase ustionato alle gambe e fu ricoverato per molti giorni in ospedale. Non è bastato, però, così come non ha convinto i giudici la circostanza, indicata dalla difesa, secondo cui Domenico Sciortino “non avrebbe comunque avuto titolo a fare richieste estorsive relative al capoluogo e a Porto Empedocle perché favarese”.

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