Il blitz di Porto Empedocle: così il gruppo pianificava di ripescare l'hashish gettato in mare dai velieri
«Ma tutti l’hanno portato a terra … Più di 300 chili … lo hanno preso loro .. dice che l’hanno preso pure i saccensi, l’hanno preso i mazaresi. Un bordello … dice che due velieri erano che buttavano fumo a mare». È l’una di notte del 21 agosto del 2019, quando, sull’autovettura di Riccardo Volpe (posto ai domiciliari con braccialetto elettronico nell'ambito dell'operazione di polizia e guardia costiera ribattezzata Fish & Drug)) venivano registrate queste parole. A pronunciarle un empedoclino, dopo che Riccardo Volpe aveva – stando all’accusa – detto: «Appena ci rompiamo la m., prendiamo e lo andiamo a prendere un poco... ci andiamo (“molliamo”) prendiamo qualche valigetta e la mettiamo da parte». «Uno l’hanno preso a Palermo carico …». Riccardo Volpe, stando alle intercettazioni, ipotizza: «E questo era quello che doveva passare … uhm .. due l’hanno buttato a mare perché, per fare passare quello di là … Ma noi tanto l’abbiamo capito dov’è!». Parole che per la Procura di Agrigento – il fascicolo è stato coordinato dal procuratore capo, facente funzione, Salvatore Vella e dal sostituto Sara Varazi – sono «ulteriore conferma dell’attività di pescaggio effettuata dai membri della famiglia Volpe della sostanza stupefacente dispersa in mare». Sono state 17 le misure cautelari, fra carcere, domiciliari, obbligo di dimora e obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, che sono state eseguite – in base all’ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari Francesco Provenzano – dai poliziotti della squadra mobile e del commissariato «Frontiera» di Porto Empedocle che, assieme alla Capitaneria di porto, si sono occupati dell’attività investigativa sul campo. Un’inchiesta che si è avvalsa anche di sistemi di videosorveglianza e cimici collocate anche al porto empedoclino.. Ma nell’estate del 2019 più periferiche di ascolto, per le intercettazioni ambientali collocate sotto i new-jersey del molo Crispi a Porto Empedocle, sono state scoperte e rimosse. È il 20 ottobre del 2019 quando, a bordo dell’auto utilizzata da Gaetano Volpe (destinatario di ordinanza di custodia cautelare in carcere) alcune donne dialogavano proprio in merito al rinvenimento delle microspie: «Lo sai chi se n’è accorto? Se n’è accorto .. quando è uscito Riccardo, che è uscito con la barca e c’era questa cosa che faceva così, da sotto, prende e gli fa, dice: “Tà … ma che minchia è questa cosa che si accende?”. L’ha presa Tano, l’hanno buttata in mare». La prima periferica audio – secondo quanto è emerso dalle pagine della richiesta di ordinanza di custodia cautelare della Procura – è stata asportata alle 9 del 14 agosto del 2019 dai membri di uno dei due pescherecci tenuti d’occhio dagli investigatori. La seconda sottrazione di microspie avveniva invece alle 14,30 dello steso giorno e alle 23,15 del 14 ottobre veniva asportata un’altra microspia. Ieri, intanto, sono iniziati gli interrogatori degli indagati. Gaetano Volpe e Riccardo Volpe - rispettivamente in carcere e ai domiciliari con il braccialetto elettronico - si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Entrambi hanno confermato quale loro difensore di fiducia l’avvocato Raimondo Tripodo. L’indagato Alfonso Indelicato, anch’esso finito in carcere, difeso dagli avvocati Salvatore Pennica e Franco Mirabile, ha invocato «l’errore di persona». In tutto, nell’ambito dell’inchiesta, sono state 48 le persone iscritte nel registro degli indagati.