Non è stato facile. Perché al porto si sono anche registrati furti di microspie, collocate da polizia e Procura. La simbiosi fra squadra mobile, commissariato «Frontiera» di Porto Empedocle e Capitaneria è riuscita però a confermare quelle che, almeno all’inizio, sembravano storie strampalate, quasi inverosimili. L’inchiesta «Fish&Drug» ha consentito di portare alla luce l’abbandono di una grandissima quantità – si parla di 4 tonnellate – di hashish, il ripescaggio da parte di alcuni pescatori, l’abbandono sempre in mare della «roba» nei pressi della banchina e poi il recupero e lo smercio.
Fondamentale l’analisi dei tracciati, fatti dalla guardia costiera, di due pescherecci che sono diventati sospetti perché facevano la spola sempre dalla stessa zona, dal luogo dove era stato abbandonato l’hashish. E alcuni indagati avrebbero anche studiato – stando all’accusa, naturalmente, - le correnti marine e la possibilità di spostamento di quelle valigie di 25 chili ciascuna.
Diciassette le misure cautelari, firmate dal gip Francesco Provenzano su richiesta del procuratore capo, facente funzione, Salvatore Vella e del sostituto Sara Varazi, a carico di indagati per spaccio di stupefacenti con l’aggravante dell’ingente quantità e tentata estorsione. Complessivamente 48 gli iscritti nel registro degli indagati. Tre – in esecuzione dell’ordinanza firmata dal gip - sono stati posti in carcere, 8 ai domiciliari e per tutti gli altri sono stati disposti obblighi di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria.
I nomi
La custodia in carcere è stata disposta per Gaetano Volpe, 56 anni, residente a Realmonte, Alfonso Indelicato, 49 anni, residente ad Agrigento, e Salvatore Papia, 51 anni, residente a Favara, che era già detenuto per altra causa. Arresti domiciliari con braccialetto elettronico invece per Gerlando Fiore, 60 anni, residente a Porto Empedocle, Salvatore Incardona, 50 anni, di Palma di Montechiaro, Giovanni Terrana, 52 anni, di Porto Empedocle, Riccardo Volpe, 32 anni, residente a Realmonte, Luigi Fiore, 27 anni, residente a Realmonte, Stefano Sacco, 58 anni di Porto Empedocle, Mohamed El Emary Ahmed Saad, egiziano di 60 anni, e Antonio Costa, 49 anni di Canicattì. Obbligo di dimora per Giovanni Pirrera, 51 anni, di Favara, Claudio Meli, 33 anni, di Agrigento, Vincenzo Fallea, 44 anni, di Agrigento, Carmelo Colombo, 47 anni, residente a Porto Empedocle, Calogero Colombo, 25 anni, residente a Porto Empedocle. Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria disposto per Gerlando Fiore, 27 anni, residente a Realmonte.
Una storia apparentemente inverosimile
Un veliero di passaggio nelle acque dell'isola di Lampedusa è andato in panne. L’equipaggio è stato costretto a chiamare i soccorsi e dunque la guardia costiera della più grande delle Isole Pelagie. Il veliero trasportava delle tonnellate di hashish che ha dovuto abbandonare a mare. Hashish che è stato poi recuperato sia da pescatori di Lampedusa che di Porto Empedocle. Sono queste le voci che hanno raccolto - dopo l’arresto dell’empedoclino Lo Nigro, nel maggio del 2019 - i poliziotti del commissariato «Frontiera» e della squadra mobile di Agrigento.
Una storia che sembrava veramente inverosimile, ma gli accertamenti effettuati hanno consentito di scoprire che sull’hashish (circa 5 chilogrammi) allora sequestrato c’erano cristalli di sale. La droga era stata, dunque, in mare. Questo l’avvio dell’inchiesta.
La ricostruzione
«L’inchiesta - ha spiegato il procuratore capo di Agrigento, facente funzioni, Salvatore Vella - si è accentrata su due motopesca gestiti dalla famiglia Volpe, del patriarca Gaetano Volpe, collegati con la famiglia Fiore. Gaetano Volpe è uno dei principali indagati, oggi in carcere, che è figlio di Riccardo Volpe ucciso a Ribera nel 1993 e che era stato coinvolto in un’indagine internazionale collegata con il Marocco per traffico di stupefacenti . Abbiamo accertato che nell’aprile del 2019 un veliero, battente bandiera spagnola, con a bordo due colombiani, originari di Medellìn, erano stati soccorsi dalla guardia costiera».
Non era semplice ricostruire bene la vicenda. «La rotta dei velieri - ha infatti raccontato il procuratore - è difficilmente tracciabile perché non hanno obbligo di documentazione stringente a bordo, non devono comunicare la rotta e viaggiano sotto i radar. Con l’ausilio del personale della guardia costiera ci siamo concentrati sui movimenti dei 2 pescherecci dei Volpe per cercare di capire cosa è avvenuto e abbiamo individuato che effettuano delle manovre di raccolta con pesca a strascico. Manovre anomale rispetto all’attività di pesca, ma coerenti con il recupero degli stupefacenti che si trova in un fondale particolarmente profondo: circa 200 metri».
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