Centocinquanta migranti hanno lasciato l’hotspot di Lampedusa, dove il numero di ospiti stamattina aveva superato quota 1.800. I 150 sono stati imbarcati sul traghetto di linea Sansovino che giungerà in serata a Porto Empedocle. Altri 50 circa sono in partenza con una motovedetta della guardia costiera. Restano dunque, al momento, poco più di 1.600 persone nella struttura. Tra la serata e domattina - secondo il piano di evacuazione varato dalla prefettura di Agrigento - arriverà a Lampedusa la nave Diciotti che imbarcherà altre 350 persone. La prefettura è in costante contatto con il ministero dell’Interno per organizzare, stabilendo anche con quali mezzi e quali destinazioni, ulteriori trasferimenti. «Chiedo con forza alla prefettura di Agrigento e al ministero dell’Interno di predisporre, almeno per tutto il periodo estivo, una nave umanitaria», dice il sindaco delle Pelagie, Filippo Mannino. «Con una nave umanitaria, così come succedeva con le navi quarantena, riusciremmo a tamponare il sovraffollamento almeno durante l’estate. Si eviterebbero scene di degrado, rischi per la salute e non saremmo in perenne emergenza hotspot», aggiunge. Sull'isola, intanto, è saltata la fibra ottica e neanche il Comune riesce a lavorare senza internet. La situazione di piena emergenza scatena polemiche a livello politico. «Anche le forze dell’ordine sono stremate, Lampedusa non può diventare un enorme campo profughi», dichiara il vicesindaco e commissario cittadino della Lega, Attilio Lucia, tornando a chiedere - lo aveva già fatto all’inizio del mese - «aiuto» al suo leader Matteo Salvini, che ieri ha chiamato, dicendogli «di venire al più presto sull'isola, di darci una mano - spiega Lucia -. Abbiamo disagi enormi e il degrado è tornato all’hotspot. I migranti dormono a terra su materassini in gommapiuma, sistemati sotto gli alberi per cercare refrigerio dalle temperature roventi di questi giorni. Le condizioni igieniche sono precarie, né potrebbe essere altrimenti, visti i numeri». Poi l’attacco al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. «Si è dimostrata inadeguata. Lo dicono i numeri. Salvini - si infervora in favore del suo leader il vicesindaco leghista - è stato l’unico ad aver fermato gli sbarchi. Ecco perché hanno cercato di “farlo fuori”. E poi hanno smantellato i decreti sicurezza - conclude Lucia -. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. La difesa dei confini deve tornare a essere una priorità della politica e davanti a un’Europa silenziosa e indifferente». L’ex sindaco Totò Martello, capogruppo del Pd al Consiglio comunale di Lampedusa, bacchetta invece proprio l’amministrazione dei centrodestra. «Continua purtroppo a crescere il numero delle vittime innocenti nel Mediterraneo - dichiara - e intanto a Lampedusa continuano gli sbarchi con la differenza che, rispetto a prima, la macchina dell’accoglienza si è inceppata. I rappresentanti della nuova amministrazione comunale dell’isola, che per cinque anni hanno fatto campagna elettorale speculando sulla pelle dei migranti e prendendo in giro i lampedusani, adesso balbettano: evidentemente non sanno affrontare il tema dell’accoglienza e non sanno neppure tutelare gli interessi della comunità di Lampedusa. Questo succede quando si viene eletti sulla base di slogan vuoti e di promesse irrealizzabili». Martello si dice «preoccupato nel leggere alcune recenti dichiarazioni, comprese quelle del presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci che ha ricominciato a parlare di “difesa dei confini”: il tema della gestione dei flussi migratori è troppo serio e delicato per essere sfruttato per la propaganda elettorale. È un tema che va affrontato con un’ottica differente, bisogna avanzare proposte serie e realizzabili in grado di rendere le migrazioni “ordinate, regolari e sicure”, creando al tempo stesso le condizioni affinché ciascun essere umano possa veder rispettati i propri diritti nel luogo in cui è nato, senza essere costretto a fuggire per sperare in una vita migliore». «Ma tutto questo - conclude Martello - sembra non interessare a certa politica che pensa solo a parlare alla pancia della gente, alimentando paure ed intolleranza fino al momento delle elezioni per poi, il giorno dopo, girare la faccia dall’altra parte. Proprio come è successo a Lampedusa».