Non sembra nemmeno più un’imbarcazione della Marina francese, adesso il colore che predomina è il rosa, poi c'è la scritta Rescue, ovvero salvataggio, e la riproduzione di una delle opere più famose di Banksy, la bambina che con la mano sorregge non il cuore, stavolta, ma un salvagente. La Louise Michel, la nave della Ong del più famoso street artist del mondo, prende il nome da un'anarchica francese e si fonda su tre principi che la rendono unica: femminismo, antirazzismo e antifascismo.
Da ieri -domenica 26 marzo, è bloccata da un fermo amministrativo nel porto di Lampedusa con l'accusa di avere violato il decreto che disciplina le attività di ricerca e salvataggio in mare delle imbarcazioni. «Prenderemo tutte le misure necessarie per combattere questo fermo», assicura l’equipaggio.
Lunga 30 metri e capace di raggiungere i 28 nodi, è stata acquistata con i proventi della vendita delle opere d’arte di Banksy. È gestita da un team di professionisti del soccorso, attivisti provenienti da tutta Europa. Il suo equipaggio è formato da moltissime donne, tutte vegane e determinate a salvare vite umane: «Ci hanno detto che non siamo autorizzati a lasciare il porto di Lampedusa - ha spiegato la capomissione della Louise Michel, Morena Milijanovic -. L’intenzione è molto chiaramente quella di impedire attivamente che le navi capaci di soccorrere soccorrano, la conseguenza è che le persone muoiono in mare».
Morena Milijanovic racconta delle quattro operazioni di salvataggio eseguite in 24 ore, che hanno «salvato 187 persone», di «quando abbiamo emesso un mayday che è stato ignorato dalla guardia costiera italiana per oltre mezz'ora. Siamo riusciti a portare in salvo queste persone dall’acqua». E si rattrista quando parla di un bambino che aveva perso conoscenza «che alla fine siamo riusciti a consegnare all’imbarcazione della guardia costiera italiana che in precedenza aveva ignorato i nostri mayday».
L’equipaggio più donna del mondo ricorda che «il confine europeo sul Mediterraneo è il più mortale del mondo» e spiega che «stiamo lavorando contro qualsiasi politica che lasci volontariamente annegare le persone in mare. Lottiamo per la libertà di movimento per tutti, perché, come ha detto Louise Michel, "è necessario qualcosa oltre alla carità per fornire pane a tutti". L’aiuto umanitario da solo non è la risposta».
Il portavoce della nave di Banksy, Jonathan Work, fornisce la sua versione di quanto accaduto: «Non posso entrare nel merito delle singole contestazioni, su cui ci difenderemo nelle sedi opportune, però, a noi la situazione appare chiara. Sabato abbiamo effettuato quattro salvataggi e poi ci hanno fermati, una volta entrati nel porto di Lampedusa la guardia costiera ci ha imposto di non muoverci più dal molo. Il nostro unico proposito era ed è salvare vite umane: c'erano altri interventi da fare, nello specchio di mare di fronte a Lampedusa, ma non avevamo il permesso di andare. La guardia costiera non ci ha aiutato nelle operazioni di salvataggio, non ha risposto a Frontex: volevano solo mandarci verso Trapani, quando c'era ancora tanto da fare attorno a Lampedusa. Noi non facciamo nulla di sbagliato, non abbiamo violato il diritto internazionale. Non abbiamo violato alcuna regola».
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