Confermata la sentenza di primo grado al processo bis. La decisione della Corte d'Appello di Milano è arrivata nelle scorse ore. Si tratta della quarta sentenza, a oltre sette anni e mezzo, dell'omicidio dell'imprenditore di Ravanusa, Paolo Vivacqua, ucciso il 14 novembre 2011 nel suo ufficio di via Bramante a Desio.
Condannati a 23 anni di reclusione Diego Barba (ritenuto il mandante) e Salvino La Rocca (l'intermediario), entrambi di Campobello di Licata, ergastolo per i killer, Antonino Giarrana (di Ravanusa) e Antonino Radaelli. È stata così confermata la richiesta della Procura generale.
L'imprenditore di Ravanusa, fu ucciso con sette colpi di pistola. Al processo d'Appello bis si è arrivati dopo che la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza del primo processo d'Appello, per La Rocca e Barba, e ha cancellato l'aggravante della premeditazione per Giarrana e Radaelli. Ha inoltre ritenuto inutilizzabili le dichiarazioni del supertestimone. Dopo quattro sentenze manca però ancora un movente.
Nel processo d'Appello bis è tornato ad essere preso in considerazione il delitto passionale, che richiama in causa la ex moglie di Vivacqua, Germania Biondo, assolta nel primo grado. ma anche la possibile vendetta per il pestaggio subìto in Sicilia da Barba da parte dei figli di Vivacqua, accusato di avere una relazione con la Biondo.
In primo grado era emerso anche il movente economico, con la fantomatica valigetta con i cinque milioni dell'affare «Bricoman» di Carate (Brianza), mentre in Appello i giudici avevano appoggiato la tesi dell'aspirazione di Barba a impossessarsi del giro d'affari dell'imprenditore dei rottami, moventi cancellati dalla Corte di Cassazione, che aveva riaperto il processo. «Rispettiamo la decisione anche se non la condividiamo - il commento dell'avvocato Manuela Cacciuttolo, che difende Barba - Attendiamo le motivazioni, ma siamo sicuri che sono state arrestate le persone sbagliate». Dopo la sentenza si profila un nuovo ricorso in Cassazione.
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