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Insulti razzisti a un calciatore di colore, inchiesta archiviata per un arbitro licatese

Il gip di Agrigento, Stefano Zammuto, archivia l’inchiesta a carico di Cristian De Caro, il 22enne arbitro di Licata, squalificato dalla giustizia sportiva e sottoposto al Daspo dopo essere stato accusato dal calciatore Kabila Colley, ventenne gambiano che militava nella Juniores della Parmonval, di avergli rivolto degli insulti razzisti e, in particolare, di averlo etichettato come «sporco negro».

L’episodio sarebbe avvenuto il 7 maggio dell’anno scorso, in occasione della finale regionale di categoria contro il Camaro.

La frase incriminata sarebbe stata pronunciata all’indirizzo del destinatario e, quindi, non si tratta di diffamazione, «che ricorre quando l’interessato non è in condizioni di interloquire», ma di ingiuria che - anche se aggravata dall’odio razziale - non è più punibile perchè depenalizzata.

«Sono stato uno scout, sono uno sportivo e un antirazzista. Non avrei mai potuto dire quella frase». Il giovane arbitro, che è stato difeso dall’avvocato Giovanni Villari, aveva negato così, in aula, le accuse formalizzate nei suoi confronti con una querela dal giovane calciatore. Il pubblico ministero Emiliana Busto aveva chiesto che il procedimento, aperto per l’ipotesi di diffamazione aggravata dall’odio razziale, venisse archiviato ma con presupposti diversi rispetto a quelli per cui è stata accolta la richiesta dal giudice.

«Le testimonianze di compagni e avversari - ha scritto il magistrato della Procura nella richiesta di archiviazione - non hanno consentito di arrivare a una ricostruzione univoca».

Il ragazzo, attraverso il suo legale Giovanni Castronovo, ex direttore generale della Parmonval e attuale dirigente dell’Akragas, che di professione fa l’avvocato penalista, aveva presentato un’opposizione che nelle scorse settimane è stata discussa in aula, dall’avvocato Chiara Proietto. La difesa del giovane calciatore insisteva, sollecitando l’audizione di alcuni compagni di squadra oltre che dello stesso Castronovo, e sottolineando che «sia la giustizia sportiva che la Questura hanno ritenuto pienamente provati i fatti».

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