«Medicina Trasfusionale di Agrigento sull’orlo del baratro e nessuno interviene». Lo denuncia il segretario regionale della Cimo Sicilia Giuseppe Bonsignore. La Segreteria Regionale Cimo, aggiunge, «a tutela dei diritti dei propri iscritti e della salute dei cittadini, si trova costretta a reiterare la segnalazione di questa gravissima situazione, aspettando risposte dall’assessorato regionale della Salute prima che accada qualcosa di grave alla salute dei cittadini e, possibilmente, soluzioni adeguate dalla direzione aziendale».
Bonsignore racconta che «l’unico ematologo assunto nei mesi scorsi all’Asp di Agrigento, invece che essere indirizzato di gran carriera al Trasfusionale, è stato invece assegnato alla Medicina Interna. Errare è umano, perseverare è diabolico. La più recente soluzione escogitata dalla direzione sanitaria è stata quella, destinata fin dalla sua ideazione a fallire, di far partecipare alla pronta disponibilità personale medici di altre unità operative, fatto che oltre a violare le norme contrattuali, ha determinato la sacrosanta levata di scudi dei medici interessati dal provvedimento che hanno messo nero su bianco la loro indisponibilità ad aderire all’iniziativa non solo per motivi personali ma soprattutto professionali, non ritenendosi in grado di fornire alcun contributo alla disciplina di cui non fanno parte».
Lo scorso 30 ottobre la segreteria regionale Cimo aveva segnalato ai vertici della Sanità regionale della Sicilia lo stato di criticità assistenziale in cui versa ormai da mesi la Medicina Trasfusionale di Agrigento. «Ad oggi - sottolinea Bonsignore - non è pervenuta alcuna risposta da parte dell’assessorato e la situazione stagna senza che il disagio degli operatori e l’altissimo rischio per i cittadini di buona parte della Provincia agrigentina sembra interessare a nessuno».
Per Bonsignore «è incomprensibile come la direzione sanitaria aziendale abbia negli ultimi mesi operato contro ogni logica, depauperando progressivamente la Medicina Trasfusionale di personale medico e tecnico che, se fosse rimasto al proprio posto, non avrebbe determinato tale incresciosa situazione».
È una vicenda, conclude il segretario regionale della Cimo, «che ricorda da vicino quella del pronto soccorso dello stesso presidio ospedaliero San Giovanni di Dio, quando nel mese di agosto scorso il primario, Sergio Vaccaro, al quale, sempre a causa di gravi carenze di personale medico rispetto a cui l’azienda non fornì le dovute risposte, fu lasciata come unica opzione quella di dimettersi».
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