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Salvini diede della «criminale» a Carola Rackete: il Senato gli evita il processo per diffamazione

Il leader leghista era ministro dell'Interno, quando rivolse parole molto dure al capitano che al comando della Sea Watch aveva speronato la guardia di finanza a Lampedusa

Carola Rackete

Niente processo a Matteo Salvini, accusato dal tribunale di Milano di diffamazione aggravata per avere insultato Carola Rackete. Così ha deciso la giunta delle immunità del Senato negando l’autorizzazione a procedere per le opinioni espresse dall’allora ministro dell’Interno (attuale ministro delle Infrastrutture e senatore) sull'attivista della ong Sea Watch. Dunque sono coperti dall’insindacabilità parlamentare i giudizi di Salvini sulla tedesca che tra l’altro, alla guida di un’imbarcazione che aveva soccorso i migranti, nel 2019 sbagliò manovra e speronò la finanza a Lampedusa.

Ora la parola passa all’aula del Senato che darà il verdetto finale. E da cui di fatto dipende il processo che è stato nel frattempo «congelato» a Milano. Quando il voto al Senato sarà calendarizzato, per il leader della Lega sarà la terza volta che finisce sul banco degli «imputati» di Palazzo Madama per quello che ha detto o fatto sulla gestione dell’immigrazione. Negli ultimi anni è successo con il caso Diciotti, con quello Gregoretti e il più rischioso Open Arms: tutti nomi di navi impegnate nei soccorsi di migranti e approdate sulle coste italiane su cui il Senato si è espresso.

Ma è sull'ultima vicenda che Salvini è imputato a Palermo, rischia una condanna per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Salvini non commenta. Va a Stoccolma, dove affronta anche il dossier Brennero al Consiglio informale dei trasporti Ue, poi a Roma per il tavolo tecnico sul ponte sullo Stretto, senza nemmeno un tweet. Invece, sotto la lente dei giudici prima e della giunta ora, sono finite le sue frecciate su Carola , nell’estate del 2019, quando era al Viminale. L’attivista fu definita «complice di scafisti e trafficanti», «sbruffoncella che fa politica sulla pelle di qualche decina di migranti» fino a «criminale tedesca». Rackete lo querelò.

Nel giugno scorso il tribunale di Milano trasmette gli atti al Senato per via del doppio ruolo di parlamentare dell’indagato. A inizio legislatura il caso passa al senatore Meinhard Durnwalder delle Autonomie, che nella sua relazione chiede di non concedere l’autorizzazione al processo. Richiesta assecondata dal centrodestra compatto. A favore della relazione votano 10 senatori di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Contrari 2 del Pd (assente il presidente della giunta, Dario Franceschini) e una senatrice dei 5 Stelle (assente Ettore Licheri). mentre si astengono Ivan Scalfarotto di Italia viva (aveva chiesto alla Giunta un approfondimento ma invano) e Ilaria Cucchi.

Per la senatrice di sinistra, è stata «una scelta sofferta». Pur convinta che «sarebbe stato giusto votare contro», ha ritenuto «doveroso» astenersi - spiega poi - essendo stata coinvolta in processi con Salvini, da persona offesa e come indagata per lo stesso reato. «Sono senatrice per le mie battaglie sulla giustizia e non per vendetta», chiosa. Avs e il resto dell’opposizione preannunciano che non molleranno e voteranno per il processo a Salvini anche in Aula. Durissimo il Pd: «Questo voto è una vergogna - contesta Alfredo Bazoli -. Non è accettabile che si usi l’insindacabilità per proteggere un ministro che si è permesso di insultare una persona da qualunque canale, tv o social». E aggiunge che così «si crea un precedente molto pericoloso perché così si autorizza chiunque a dire qualunque cosa in un’aula parlamentare». Stesso rischio per il legale di Carola: «La giunta legittima la libertà di insultare da parte di chi esercita ruoli di potere che non ha niente a che vedere con la libertà di pensiero del deputato - commenta l'avvocato Alessandro Gamberini - ma depone solo per l’arroganza di chi l’ha invocata e di chi glielo permette».

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