MONTEVAGO. Cgil nazionale e Fillea Cgil hanno inviato una lettera al presidente del Senato Pietro Grasso, alla presidente della Camera Laura Boldrini e alla presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi, per metterli a conoscenza della vicenda riguardante il licenziamento dei lavoratori della società Calcestruzzi Belice di Montevago (Agrigento), confiscata e gestita dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata. Confederazione e categoria tornano a chiedere al Parlamento di accelerare l'iter per la definitiva approvazione della riforma del Codice Antimafia.
La missiva di questa mattina segue quella inviata al viceministro degli Interni, Filippo Bubbico e al direttore Generale dell'Agenzia nazionale per i beni sequestrai e confiscati, Umberto Postiglione, in cui sono stati messi in evidenza «i paradossi e le leggerezze» che hanno portato all'invio, nella giornata di ieri, delle lettere di licenziamento per i lavoratori.
«Essendo l'azienda sana da un punto di vista produttivo ed economico - spiegano Cgil e Fillea - arrivare a dichiararla fallita per un debito contratto con Eni ben prima della confisca e di modesta entità (30mila euro), rappresenta un fatto insopportabile di mala gestione e di scarsa attenzione da parte degli organismi e dei soggetti preposti che ricade interamente sui lavoratori e impedisce ad un'azienda confiscata di consolidare la strada intrapresa di progetto legale».
«Simili storture - si denuncia nella lettera - si sarebbero potute evitare se la riforma del Codice Antimafia, già approvata alla Camera e ferma purtroppo da lungo tempo al Senato, avesse avuto l'approvazione definitiva». «Quel testo di riforma - sottolineano - è il frutto di una lunga stagione di discussione e prende le mosse da una proposta di legge di iniziativa popolare presentata nel 2012, arricchita e ampliata successivamente da altre proposte avanzate dall'On. Bindi, che ha raccolto il lavoro unanime della Commissione Parlamentare Antimafia e dal Ministro Orlando». «Questo del riutilizzo delle aziende confiscate rappresenta uno dei capisaldi nella lotta al potere mafioso», sostengono Cgil e Fillea, che chiedono di «fare il possibile per impedire una pericolosa debacle e di accelerare l'approvazione della riforma».
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