AGRIGENTO. «Ci dimettiamo o forse no». C’è uno stato di confusione che aleggia in questi giorni nelle menti di gran parte dei consiglieri comunali agrigentini, mai così uniti e compatti e tutti coinvolti, chi più chi meno, nello scandalo delle «commissioni d’oro». La riunione rigorosamente a porte sigillate di giovedì sera, nell’ufficio di Presidenza del consiglio comunale, si era conclusa con la decisione pressochè unanime, di dire no alle dimissioni di massa, una decisione che già ieri ha cominciato a perdere compattezza e voci di nuovi abbandoni sono circolate per tutta la giornata. L’unica certezza al momento, sono le dimissioni di Ennio Saeva, Nino Amato e Francesco Messina. Aurelio Trupia, che già aveva rinunciano al suo gettone di presenza e che per primo aveva invocato le dimissioni di tutti i consiglieri, potrebbe lasciare il suo incarico lunedì mentre Mandracchia, pare ci stia riflettendo. Condizionali d’obbligo in una situazione convulsa, sia da un punto di vista politico che personale. Bisognerà vedere se i consiglieri non eletti che dovrebbero sostituirli, accetteranno di ricoprire un ruolo politicamente inconsistente per un paio di mesi esponendosi a critiche e commenti. I partiti, chiusi nel loro silenzio, non ci stanno facendo una bella figura e del resto, come potrebbero difendere situazioni indifendibili che hanno per protagonisti i loro stessi rappresentanti alcuni dei quali da quando sono stati eletti hanno cambiato più partiti che calzini? Oltre 1100 riunioni in un anno mentre si cerca ancora di capire a cosa siano servite nel concreto. L’unica cosa concreta al momento, è quanto sono costate al contribuente a fronte di servizi tagliati e problemi non risolti. Ad Agrigento infatti, il regolamento consiliare non fissa un tetto massimo di commissioni che possono tenersi in un anno mentre il gettone che viene corrisposto ad ogni consigliere, anche per mezzora di riunione è di 50 euro lorde. ALTRE NOTIZIE NEL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA