Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Il paradosso di Sciacca: frena pesca acciughe mentre vola l'industria

A Sciacca, distretto dell’Agrigentino da anni rinomato per le acciughe e i coralli, oggi sono più i pescherecci fermi in porto che quelli usciti per battute di pesca. Ma tra i vicoli della cittadina siciliana è un fiorire di vetrine con manufatti di corallo locale, caratterizzato da macchie scure per la provenienza dall’antistante isola vulcanica sommersa oggi considerata irraggiungibile in apnea, e di conserve ittiche. Tre queste, le protagoniste della dodicesima edizione di Azzurro Food Festival che, nei giorni scorsi a Sciacca, ha avuto, con patrocinio del ministero dell’Agricoltura, un focus sul pesce azzurro.

«Fino a 15 anni fa - racconta Baldo Scalia, seconda generazione dell’industria conserviera Scalia, fondata dal padre Benedetto - il 40 per cento dell’acciuga del Mediterraneo veniva pescata in questo mare; oggi solo il 10-15 per cento. Cerco pertanto di reperire il miglior prodotto che si può trovare in tutto il Mediterraneo, dalla costa siciliana, Lampedusa e Pantelleria comprese, al Nord Africa, Tunisia in particolare, oltre che la Croazia e l'Albania. Abbiamo deciso di lavorare solo l’acciuga Mediterraneo, escludendo quindi quelli provenienti dal Perù e oceani, per distinguersi anche da altre realtà e cercare di fare un prodotto sempre artigianale. Inoltre lavoriamo l’acciuga a mano solo quando è fresca. Non appena pescata, viene decapitata, eviscerata, sottoposta a salagione con sale marino fino di Trapani e poi stagionata da un minimo di sei mesi fino ad un anno. Ogni anno trasformiamo circa due milioni di acciughe fresche, per una media di 20mila esemplari al giorno, con una resa produttiva del 20 per cento trasformata in filetti, pasta, colatura di alici, qui filtrata goccia a goccia. Il nostro prodotto, Made in Italy in quanto confezionato in Italia, viene apprezzato soprattutto in Giappone, per noi il primo mercato, seguito dagli Stati Uniti in rialzo grazie alla nostra scelta di mantenere fermi i listini nonostante i dazi, in Canada e dai nostri clienti con insegne al top, da Armani in Francia a Osteria Gucci fino al re della pizza, Francesco Martucci a Caserta che fa la pluripremiata marinara con le nostre alici».

Il fatturato aziendale è in costante crescita, nel 2024 raggiunti i 9 milioni di euro, precisa Maria Scalia, con l'obiettivo di superare i 10 milioni di euro nel 2025. Ma le ombre all’orizzonte sono la mancanza di manodopera specializzata e la mancanza di materia prima locale. «Qui non facciamo più la filettatura per un problema di manodopera» fa sapere l'imprenditore siciliano.

«Ci proviamo - continua - a prendere giovani per formarli ma è difficile. E in azienda c'è anche molto integrazione; abbiamo 40 dipendenti, e tra loro extracomunitari scappati dalla guerra. Ma il problema vero è la tutela della biodiversità marina. Ci vuole un fermo pesca importante, uno-due anni» chiede Scalia, guardando alle fortune del sistema alici del Cantabrico, caratterizzato da lunghi stop stagionali e quote di cattura.

Caricamento commenti

Commenta la notizia