«No, non è più soltanto un’allerta. Quella fase l’abbiamo già passata. Adesso, invece, il quadro è già tracciato, ed è drammatico»: in estrema sintesi, ecco il grido di dolore degli agricoltori siciliani, che da un capo all’altro dell’Isola si rialza in queste ore per lo stesso motivo di sempre, la siccità, ma con toni ancor più forti. Per la situazione attuale delle dighe e per quella che si prospetta a breve e medio termine. Al momento, infatti, stando ai dati pubblicati ieri dall’Autorità di bacino regionale e aggiornati al primo di aprile, se gli invasi del territorio hanno guadagnato il 12% d’acqua rispetto allo scorso mese, al confronto con lo stesso periodo del 2022 permane un gap del 19% circa, con punte di deficit che raggiungono anche l’80% come nel caso del lago di Pozzillo, nell’Ennese, mentre in molte altre strutture, come il Rosamarina e il Poma nel Palermitano, il calo della risorsa idrica supera la media regionale attestandosi intorno al 22%.
Il problema, però, sottolinea Ignazio Gibiino, presidente di Coldiretti Agrigento, «non è tanto per l’oggi, ma per ciò che stiamo per affrontare. Perché la stagione irrigua è alle porte e le piogge, da qui alla fine della prossima estate, non saranno certo torrenziali».
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