MENFI. Dopo l’elezione del nuovo presidente della Cantina Settesoli, l’ormai ex manager Vito Varvaro parla di complotti orditi alle sue spalle e in tono sarcastico chiede come si possa sostituire un manager internazionale con un burocrate regionale. Vito Varvaro, che per oltre sei anni è stato a capo delle Cantine Settesoli, è un fiume in piena. Di fatto è ormai fuori dalla gestione della cantina e in una lettera lancia accuse. Il nuovo presidente alla guida della più grande azienda vinicola siciliana, con ben 2.000 soci e 6.000 ettari di vigneti è Giuseppe Bursi, dirigente socio della cantina, dirigente dell’assessorato all’Agricoltura siciliana e fortemente voluto dagli altri soci che l’hanno eletto. Varvaro si dice amareggiato ed è convinto che all’origine della sua non rielezione ci sia la mano di qualcuno che ha voluto distruggere un progetto che rendeva la Settesoli competitiva nel segmento dei vini di alta qualità. «Sto per andare via dalla Sicilia e penso che non tornerò più a lavorare per la mia terra - spiega Varvaro - La storia della Settesoli e del complotto che ha portato un burocrate al mio posto, accoltellandomi alle spalle, è un brutto esempio della Sicilia che guarda indietro e non vuole crescere. La ricchezza si crea anche investendo 2-3 euro a quintale di uva per costruire marchi globali che possano competere nel mondo e portino negli anni redditi molto più alti agli agricoltori». Immediata è stata la replica del nuovo presidente Giuseppe Bursi. «Rimango stupito da tanta aggressione verbale, soltanto due giorni fa lo stesso Varvaro si complimentava indicandomi come un ottimo presidente e consigliando al consiglio di amministrazione di eleggermi. Spiace osservare che lo stesso Varvaro utilizzi nei miei confronti il termine “burocrate” pensando di offendermi o di sminuire le mie capacità tecniche rispetto alle quali saranno, non le dichiarazioni a smentire, ma le azioni che intendo portare avanti con l'intero Cda. Forse bisogna essere veri figli di questa terra per pensare di servirla con umiltà, coscienti che ciascuno è utile ma nessuno indispensabile». Giuseppe Bursi, infatti, è il primo presidente della storia delle Cantine Settesoli ad essere un menfitano doc. Inoltre ha tenuto a precisare che il Cda non ha mai parlato di totale discontinuità rispetto al passato, ma che debbano essere restituite dignità e fiducia ai conferitori. «Non dimentichiamo mai che stiamo parlando di una cooperativa - conclude Bursi - che trae la sua forza dal sudore di tutti gli agricoltori, il nostro obiettivo è quello di dare la giusta redditività ai viticoltori di Settesoli. (*FCA*) FRANCESCA CAPIZZI