
Concordia, ovvero armonia e comprensione, coesione e dialogo, confronto e scambio, in uno spazio in cui sia possibile scambiare conoscenze ed esperienze. Per arrivare a un luogo condiviso di dialogo costruttivo - a cui contribuiscono anche discussioni e disaccordi, certo, ma sempre sul filo del rispetto - è necessario porre domande. Per capire, giudicare, spiegare.
Il progetto Concordia: Dialoghi sui paesaggi sociali curato da Esther Regueira (curatrice associata Lisa Mazza) prodotto da Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025 e parte del dossier di candidatura, mira a creare spazi di riflessione su questioni cruciali nell'attuale panorama socio-politico e artistico, a porre domande che costringono ad andare oltre le prospettive tradizionali, sfruttando l’immaginazione, passando dall’uno a tutti, ma ridando nello stesso tempo voce, a chi non ce l’ha.
In questo caso chi arriva senza meta, le mille donne del Mediterraneo, le artiste e le scrittrici messe spesso in ombra dai colleghi uomini, o gli artisti nati, cresciuti e scomparsi senza ribalta. Concordia è un «progetto situato», ovvero consapevole del luogo e del tempo in cui agiamo, in stretto contatto e dialogo con le realtà creative del territorio agrigentino. Sono stati invitati artisti, musicisti, registi, filosofi, artigiani, esperti di giardini per riflettere sulle condizioni sociali di oggi in una serie di dialoghi e scambi aperti alla città.
Il progetto è nato in collaborazione con l’Istituto Cervantes. La mostra è divisa in sezioni: la chiesa di Santa Sofia ospita (dal 27 settembre al 23 novembre) una collettiva basata sui dialoghi tra passato e presente per immaginare altri futuri e una riflessione sul concetto di «conflitti» e «resistenze». Per l’inaugurazione, la danzatrice di Murcia, Carmen Avilés ha interpretato un dialogo tra la taranta flamenca e la tarantella con musicisti locali: Graziano Mossuto, Giuseppe Di Nolfo, Rino Boccadoro, Maria Sole Di Maida.
Alla collettiva partecipano artisti che per formazione e scelta hanno sempre indagato minoranze, conflitti razziali, migrazioni, identità e diversità: Alonso Gil (nato a Badajoz nel 1966, vive a Siviglia, Spagna) che ha instaurato un dialogo con la comunità e i migranti, invitando a opere collettive su tessuto; Cecilia Noriega-Bozovich (nata a Chimbote nel 1954, vive a Lima, Perù), che ha installato una poltrona «presidenziale» simbolo di potere, ha chiesto agli spettatori come si comporterebbero da presidente. I risultati ottenuti finora, in giro per il mondo, diventano 10 foto stampate su alluminio; Daniela Ortiz (nata a Cusco nel 1985, vive a Urubamba, Perù), Muna Mussie (nata in Eritrea nel 1978, vive a Bologna) che ha lavorato con scrittura Braille, cotone e filo dorato per portare alla luce e decostruire le narrazioni coloniali.
Robin Kahn (nata a New York nel 1961, dove vive tuttora) con il suo collage «Il galateo», una sorta di biblioteca immaginaria che celebra il potere della mente femminile: routine domestiche, ricette e inclusione; e Kimika (nata a Gifu, Giappone, vive a Siviglia, Spagna) che lavora con i tessuti delle donne sahrawi. Rubén Ojeda Guzmán (vive e lavora a Oaxaca, Messico) si è invece concentrato sulla corruzione, la violenza e le tensioni sociali. Tutti sono entrati in dialogo virtuale con Salvatore Errore (nato e vissuto ad Agrigento 1929-2011), misconosciuto artista naif che non ha mai lasciato la sua città, ma ha raccontato tramite intarsi di vari legni, con avorio, madreperla, ambra che raccoglieva dovunque, le figure e le forme tradizionali della sua terra, in alcuni casi rifacendosi all’iconografia ortodossa a fondo oro.
Il belga Francis Alys proietta il video «Don’t Cross the Bridge Before You Get to the river» realizzato nello Stretto di Gibilterra, dove 14 chilometri dividono Marocco e Spagna, e indaga le differenze sostanziali tra le due sponde, da cui partono barchette fatte di scarpe. In una vetrina, pagine de «L’abicì della Guerra» di Bertolt Brecht.
La Chiesa di Santa Sofia insiste nell'atrio dove si apre il Teatro Pirandello che invece ospita un'installazione – «Cradle», sorta di culla-gabbia in metallo – opera dell’artista greca Maro Michalakakos (Atene, 1967) nota per le sue ibridazioni oniriche di forte impatto, per i suoi rimandi alla memoria e ai ricordi familiari: è in dialogo con un'installazione site specific della scrittrice Ester Rizzo, una proiezione che recupera nomi e volti di 25 artiste siciliane, di ieri e di oggi, importanti nella musica e nella letteratura, ma spesso dimenticate e ignorate, cancellate dai colleghi uomini.
«Siciliane» è anche un volumetto, «Talenti femminili in scena», pubblicato da Medinova e distribuito al pubblico. Il Museo Archeologico Pietro Griffo ospita una serie di scatti di Santi Palacios sul dramma dei migranti nel Mediterraneo. È considerato uno dei più importanti fotoreporter internazionali a trattare il tema delle migrazioni e delle rivoluzioni climatiche. Gli scatti di Santiago Palacios si interrogano sulla costruzione della storia e riflettono sull'anacronismo o sulla permanenza di alcuni comportamenti ed eventi che, immemori della Storia, continuano a verificarsi nel Mediterraneo.
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