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Licata, trovato il più antico documento del Comune: risale al 1432 e parla della città di Naro

Tra le carte del Comune di Licata è stato scovato un documento risalente al 1432. Si tratta del più antico ritrovamento locale e parta di un nobile della città di Naro. La scoperta è avvenuta grazie all’equipe del Fondo Antico della Biblioteca Comunale “Luigi Vitali” di Licata” che, con un lavoro certosino senza precedenti, sta quotidianamente riordinando e studiando una dopo l’altra.

Lo ha reso noto sulla propria pagina facebook il Fondo Librario Antico di Licata presentando un’altra inedita “Storia di Carta”.

Il documento ha 589 anni ed è stato realizzato 60 anni prima della Scoperta dell’America e 121 anni prima del terribile sbarco a Licata (11 Luglio 1553) della flotta guidata da Mohamed Dragut che, per otto giorni, mise a ferro e fuoco la città. L'importanza della scoperta sta nel fatto che tutti i documenti recuperati precedentemente, tranne qualche sporadico caso, facevano riferimento agli anni successivi all’assalto della flotta turca. Il documento recuperato in questi giorni è una delle pochissime testimonianze sopravvissute alla devastazione del pirata Dragut.

In particolare si tratta di un testamento redatto il 20 Giugno del 1432, danneggiato e mutilo alla fine. Il manoscritto è composto in latino medievale con qualche incursione di termini in siciliano e presenta le consuete abbreviazioni per contrazione e per troncamento.

Parla di un nobile abitante della Città di Naro, Giovanni da Terranova, il quale, costretto a letto per le precarie condizioni di salute decide di mettere nero su bianco le proprie disposizioni testamentarie. Nomina eredi universali il figlio legittimo Stefano da Terranova e la moglie Antonia, disponendo di essere sepolto nella cappella di sua proprietà all’interno della Chiesa Madre di Naro.

Grazie ai numerosi lasciti testamentari veniamo a conoscenza di molti toponimi del centro storico di Naro: parrocchia di Santa Maria, ospizio del Barone di Camastra, monastero di San Salvatore, monastero di Santa Caterina. Tante le botteghe e i vigneti lasciati in eredità dal testatore: vigne in “Contrada del Fiume”, in “Contrada della Fontana” e una vigna della “Cappella di San Giovanni Evangelista”. Molti gli appezzamenti di terreno citati nel documento: “terra di li gibesi” nei pressi dell’odierna Diga Gibbesi di Naro, terre nel territorio di “Sumatinu” (Sommatino) e di “Rivinusa” (Ravanusa) e terre in località Jangalgana (Giangragana). Citata anche una Masseria di Simone da Genua (Genova) e una fonte d’acqua: “Acqua di la Subia”. Rendite, salme di frumento e soldi in tarì (tarenos) e fiorini (florenos) sono toccati anche agli altri eredi.

 

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