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Lampedusa, Papa Leone annuncia la sua visita con un videomessaggio

Un saluto in dialetto - "O'scià» - per dire «grazie» a tutta la gente di Lampedusa che ha sempre aperto le braccia ai migranti che arrivano sulle sue coste. E’ Papa Leone XIV ad abbracciare virtualmente l’isola siciliana, con un videomessaggio per la presentazione della candidatura a Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco del progetto «Gesti di accoglienza», in occasione di Agrigento Capitale della Cultura.

Ricordando il primo viaggio di Papa Francesco proprio a Lampedusa, annuncia, che il suo saluto è «oggi a distanza, ma spero presto in presenza, di persona». Il video del Papa è stato presentato da Filippo Mannino, sindaco delle Pelagie, come «una sorpresa», perché si legge tra le righe l’annuncio, o almeno il desiderio, di una possibile visita nell’isola siciliana. Proprio come aveva fatto all’inizio del suo pontificato Papa Bergoglio.

Il messaggio, registrato in Vaticano, è innanzitutto un ringraziamento alla gente dell’isola ma anche un puntare i fari contro i «provvedimenti ingiusti» che tante volte colpiscono i migranti. «Il mio grazie, che è il grazie di tutta la Chiesa per la vostra testimonianza, prolunga e rinnova - dice Prevost - quello di Papa Francesco. Grazie ad associazioni, volontari, sindaci, amministrazioni che nel tempo si sono succeduti; sacerdoti, medici, forze di sicurezza e tutti coloro che, spesso invisibilmente, hanno mostrato e mostrano il sorriso e l'attenzione di un volto umano a persone sopravvissute nel loro viaggio disperato di speranza. Voi - sottolinea Leone XIV - siete un baluardo di quell'umanità che le ragioni gridate, le paure ataviche e i provvedimenti ingiusti tendono a incrinare. Non c'è giustizia senza compassione, non c'è legittimità senza ascolto del dolore altrui».

Il Papa ricorda anche le «tante vittime - e fra loro quante madri, e quanti bambini! - che dalle profondità del Mare nostrum gridano non solo al cielo, ma ai nostri cuori. Parecchi fratelli
e sorelle migranti sono stati sepolti a Lampedusa, e riposano nella terra come semi da cui vuole germogliare un mondo nuovo».

Ma dall’isola siciliana si alza anche una luce perché, come evidenzia il Pontefice, «non mancano, grazie a Dio, migliaia di volti e di nomi di persone che vivono oggi una vita migliore e
non dimenticheranno mai la vostra carità. Molti di loro sono diventati a loro volta operatori di giustizia e di pace, perché il bene è contagioso».

Quindi in scia alle parole di Papa Francesco, che ha dedicato ai migranti tanta parte del suo pontificato, dai messaggi alle visite apostoliche, dagli appelli agli incontri a Santa Marta,
chiede di opporre «alla globalizzazione dell’indifferenza» la cultura «dell’incontro». Quindi si congeda ripetendo «O'scià», "fiato mio», il saluto in dialetto siciliano che è diventato
emblema stesso dell’isola.

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