La Procura indagava sull'incendio al centro di stoccaggio dei rifiuti di contrada Piana Bugiades, a Licata, avvenuto il 20 gennaio dell’anno scorso, e scoprì per caso un giro di rapine, furti, estorsioni e persino un tentato omicidio collegato al gruppo di delinquenti che, in cambio di 100 euro da dividersi in quattro, avrebbero appiccato il rogo alla discarica mettendo in ginocchio Licata per settimane. Il pubblico ministero della Procura di Agrigento, Alessia Battaglia, adesso, dopo che nell’ambito dell’inchiesta sono scattate diverse misure cautelari, ha fatto notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. In sedici, in tutto, rischiano di finire a processo. Le indagini sul rogo, che ha costretto alla chiusura di scuole, parchi e cimiteri per molti giorni, sono partite casualmente in seguito all’intervento della Polizia in casa di una donna che, dopo avere litigato col compagno, lo accusa di avere incendiato il centro di stoccaggio insieme ad altre persone. Lo stesso confermerà la circostanza tirando in ballo la compagna e raccontando che, prima di dare fuoco all’impianto di contrada Piana Bugiades, da tempo sotto sequestro, avevano fumato assieme del crack. Le intercettazioni avviate subito dopo hanno fatto emergere il ruolo di una quarta persona: sono loro i 4 indagati per questo episodio di cui, tuttavia, non sono stati individuati i mandanti. Quasi un anno di indagini hanno, però, delineato un contesto di microcriminalità particolarmente violento fra Campobello, Licata e Ravanusa. Fra gli episodi più cruenti, un tentato omicidio, ai danni di un ventiseienne, originario della Guinea, senza fissa dimora. A dare l’incarico, secondo quanto emerge dalle intercettazioni, sarebbe stato un conoscente che riferisce di avere dato fuoco alla sua baracca perchè avrebbe dato fastidio anche se non si comprende a chi. Dopo l’incendio della baracca, quindi, serviva qualcuno che gli desse una lezione più severa picchiandolo con una mazza da baseball in cambio di un compenso di poche decine di euro. Uno degli indagati - sostiene l’accusa - esegue in prima persona dandogli otto colpi alla testa che lo hanno fatto finire in ospedale. D’Antona, intanto, parlando al telefono con Salamone, secondo quanto emergerebbe dall’inchiesta, confidava di essersi fatto male a una mano col bastone usato per picchiarlo con otto colpi a testa e volto. E poi ancora furti, estorsioni col cavallo di ritorno e un giro di armi illegali connesso: tutto, adesso, potrebbe approdare in aula per il processo.