
La linea telefonica del carcere Pasquale Di Lorenzo di Agrigento, dedicata ai colloqui fra i difensori e i detenuti al 41 bis, è guasta da oltre un mese: il processo a carico del boss Giuseppe Falsone, recluso nel carcere di Spoleto, slitta di almeno tre mesi perchè il suo legale non ha potuto parlargli e discutere della strategia da adottare all’udienza preliminare. Il caso, in aula, è stato sollevato dall’avvocato Barbara Garascia che lamenta come, a oggi, da un mese, «non è stato possibile conferire con l’assistito e valutare il rito processuale».
Il procedimento è quello che ipotizza un’estorsione mafiosa commessa nel 2004, durante il periodo di latitanza, concluso 2 anni dopo a Marsiglia con la cattura della polizia. L’indagine, conclusa dal pubblico ministero Stefano Strino della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, è stata al centro di un altro processo a carico di alcuni uomini di fiducia del capomafia di Campobello di Licata, fra cui il favarese Vincenzo Parello e tre affiliati mafiosi del Nisseno: Maurizio Carruba, Alfredo Schillaci e Angelo Schillaci. L’accusa è quella di avere estorto 13 mila euro a un imprenditore favarese che stava facendo un investimento a Sutera, acquistando un impianto di bitume.
La Dda nissena ipotizza che Falsone, in quanto all’epoca rappresentante provinciale di Cosa nostra, avrebbe dato mandato di contattare l’imprenditore e imporgli la tangente nell’ambito di un accordo fra le due province dato che la vittima era di Favara ma l’impianto si trovava in provincia di Caltanissetta.
L’udienza preliminare, davanti al gup di Caltanissetta Emanuela Carrabotta, è stata così rinviata per l’impossibilità, esplicitata via mail dalla casa circondariale, di consentire al detenuto il diritto di confrontarsi col suo legale. E non è l’unico problema difensivo che riguarda l’ex numero 2 di Cosa nostra in Sicilia, condannato nei mesi scorsi a 22 anni di carcere per l’accusa di avere continuato a gestire gli affari di Cosa nostra dal carcere attraverso il suo ex legale Angela Porcello, a sua volta arrestata e condannata. «Nei prossimi giorni - aggiunge l’avvocato Garascia - scadono i termini per l’appello e non è stato ancora possibile parlare col mio cliente per valutare e concordare il da farsi, si tratta di una chiara violazione del diritto di difesa».
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