Agrigento

Giovedì 03 Luglio 2025

Si tolse la vita ad Agrigento dopo lo stupro, prosciolti due minorenni grazie alla messa alla prova

Alice Schembri

«Estinzione del reato in seguito alla messa alla prova»: i due ragazzi, all’epoca dei fatti minorenni, coinvolti nell’inchiesta sul caso di Alice Schembri, la ragazza morta suicida a 17 anni, poco meno di due anni dopo essere stata costretta a fare sesso di gruppo mentre venivano filmate le scene, se la cavano senza alcuna conseguenza. Il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Palermo, Antonina Pardo, ha emesso la sentenza con cui chiude il caso, dopo avere dato atto che i due imputati hanno svolto il periodo di lavoro di pubblica utilità al servizio di due strutture che operano nel sociale, e quindi superato il periodo di prova. I due ragazzi, ormai ventottenni, all’epoca dei fatti, fra il 2014 e il 2015, non avevano ancora compiuto 18 anni. Oltre ai due ex minorenni, nel procedimento sono coinvolti altri due ragazzi, più grandi di pochi mesi, nei cui confronti ha proceduto la procura ordinaria di Palermo, essendo sempre stati maggiorenni. Il processo a loro carico è in corso al tribunale di Agrigento. Il corpo senza vita della ragazzina era stato trovato alla Rupe Atenea dove si era lanciata nel vuoto dopo avere annunciato il gesto con un lungo e straziante post pubblicato su Facebook. La Squadra mobile, indagando sull’annunciato suicidio, avvenuto il 18 maggio del 2017, dopo avere scartato alcune piste come, ad esempio, quella delle sette sataniche, è risalita ad alcuni video che immortalavano la diciassettenne, due anni prima, mentre faceva sesso di gruppo con quattro ragazzi, di cui due all’epoca minorenni. I quattro giovanissimi avrebbero abusato delle sue condizioni di inferiorità fisica e psichica «legata al consumo di sostanze alcoliche». Alla ragazza sarebbe stato intimato di restare ferma e non si sarebbero fermati neppure davanti al suo espresso rifiuto avendo la quindicenne, sostiene l’accusa, pronunciato frasi dal contenuto inequivocabile. «Non voglio», «non posso», «mi uccido», «no, ti prego... mi sento male». Nonostante la ragazza avesse manifestato apertamente il suo dissenso i quattro giovani, a turno, l’avrebbero costretta a subire rapporti sessuali mentre la scena veniva filmata con il telefonino. All’accusa di violenza sessuale di gruppo ai danni di minore si aggiunge quella di produzione di materiale pedopornografico. Un’altra accusa è quella di avere realizzato e prodotto materiale pedopornografico con una quindicenne costretta «con violenza e abuso» a subire i rapporti. A uno dei due ex maggiorenni si contestava inoltre la tentata estorsione perchè avrebbe ricattato un’altra ragazzina, essendo in possesso di una foto dal contenuto sessualmente esplicito, chiedendole prima 200 euro e poi 500 per non diffonderla.

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