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L'agguato a un ristoratore in Belgio, condanna definitiva per l'ex pentito

Mario Rizzo
Mario Rizzo

Ricorso rigettato: la Cassazione conferma e rende definitiva la condanna a 5 anni e 4 mesi a carico del favarese Mario Rizzo, 38 anni, ex pentito, ritenuto colpevole, per sua stessa confessione salvo poi ritrattare, del tentato omicidio a colpi di pistola ai danni del ristoratore Saverio Sacco, di Porto Empedocle, avvenuto il 28 aprile del 2017 a Grace Hollogne, in Belgio.

I giudici, rigettando il ricorso del suo legale Ninni Giardina, hanno confermato il verdetto dei primi due gradi di giudizio ovvero 5 anni e 4 mesi di reclusione: una pena che, senza la riduzione per il rito abbreviato, sarebbe stata superiore di un terzo. In appello, a gennaio dello scorso anno, era stato assolto dalla stessa accusa il cognato Gerlando Russotto, 34 anni, anche lui di Favara, condannato in primo grado a 1 anno e 10 mesi solo per l’accusa di detenzione di armi.

La vicenda

Il 2 agosto del 2018 era finito agli arresti sulla base delle dichiarazioni dello stesso Rizzo. Quest’ultimo, coinvolto in vicende criminali spicciole, iniziò un lungo e travagliato percorso di collaborazione con gli inquirenti. Il primo passaggio fu quello di autoaccusarsi del tentato omicidio in Belgio, tirando in ballo il cognato e l’empedoclino Salvatore Prestia. Proprio Prestia, cognato del mafioso Fabrizio Messina, sarebbe stato l’ideatore dell’agguato - in realtà un avvertimento, secondo il racconto di Rizzo, perchè lo avrebbero gambizzato ma non ci sarebbe stata l’intenzione di ucciderlo - in quanto Sacco, secondo la sua iniziale versione, aveva subito una perquisizione della polizia belga e avrebbe raccontato dei suoi sospetti su Prestia, ritenuto l’autore della denuncia. Un affronto per l’empedoclino legato alla storica famiglia mafiosa del rione Cannelle che doveva essere vendicato sparandogli alle gambe perchè era stato preso per «infame».

Lo stesso Prestia, quindi, secondo il suo racconto, avrebbe fatto fuoco col supporto di Rizzo dopo avergli teso un agguato in strada. Il favarese fece anche trovare delle armi in un sottotetto condominiale ritenuto riconducibile a Russotto che, in primo grado, è stato condannato solo per questa imputazione. Nel piccolo arsenale anche un fucile rubato alcune settimane prima alla polizia provinciale. Quando il suo inserimento nel programma di protezione fu definitivamente bocciato, per la scarsa consistenza delle sue dichiarazioni, è arrivata la ritrattazione. «Mio cognato non c’entra nulla, mi sono inventato tutto. Ho saputo dell’agguato dallo stesso Sacco che mi disse che era stato Prestia a sparargli». Questo il racconto di Rizzo. Due versioni inconciliabili alle quali i giudici non hanno creduto aderendo quasi integralmente al primo racconto.

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