Agrigento

Martedì 17 Dicembre 2024

Mafia, operazione nella provincia di Agrigento: 29 fermi, coinvolti Fabrizio Messina e Pietro Capraro IL VIDEO

I carabinieri del reparto operativo di Agrigento hanno eseguito 29, dei 30, fermi disposti dalla Dda di Palermo a carico di agrigentini e nisseni accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di droga, detenzione ai fini di spaccio; tentata estorsione e associazione mafiosa. Quattro di loro si trovano già in carcere mentre tre sono all'estero. La cattura dunque è scattata per  23 persone. Contestati anche diversi danneggiamenti, ma anche il favoreggiamento personale. I provvedimenti sono stati notificati ad Agrigento, Porto Empedocle, Favara e Canicattì, ma anche a Gela. Fra i fermati vi sarebbero anche nominativi di un certo peso per l’Agrigentino, come Fabrizio Messina, ritenuto boss dell’omonima famiglia di Porto Empedocle e fratello dell’ex latitante Gerlandino; Gaetano Licata, Pietro Capraro, Guido Vasile ed il figlio Nicolò di Villaseta, Domenico Blando e Carmelo Fallea di Favara, vicino ai clan locali e due Messina Denaro di Castelvetrano tra le persone arrestate e poi giovani gelesi, palermitani e canicattinesi. Il provvedimento trae origine dalle attività d’indagini svolte dal Nucleo investigativo del reparto operativo carabinieri di Agrigento e dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, dal mese di dicembre 2021 a tutt’oggi, aventi ad oggetto la ricostruzione dell’organigramma e delle attività criminali delle famiglie mafiose di Porto Empedocle e di Agrigento/Villaseta, con probabilmente a capo rispettivamente Fabrizio Messina, pregiudicato di anni 49, e Pietro Capraro, pregiudicato di anni 39, a dimostrazione che, pur essendo stata sensibilmente intaccata nel corso degli anni da varie operazioni, Cosa nostra agrigentina è tutt’oggi pienamente operante, dotata di ingenti disponibilità economiche e di numerose armi, per di più in un contesto caratterizzato da una instabilità degli equilibri mafiosi faticosamente raggiunti nel tempo, cui si aggiungono i sempre più pericolosi, persistenti e documentati collegamenti tra gli associati ristretti all’interno del circuito carcerario e gli ambienti criminali esterni. È stato riscontrato, infatti, un sistematico utilizzo di apparecchi telefonici da parte degli uomini d’onore, o di soggetti contigui al sodalizio, durante i rispettivi periodi di detenzione, lasciandone in tal modo inalterate le capacità di comando e consentendo loro di mantenere i contatti con i correi in libertà e di impartire ordini e direttive. La capacità dell’associazione mafiosa di controllare le dinamiche criminali del territorio è emersa in modo evidente, sono stati raccolti chiari elementi dimostrativi della commissione di numerosi reati (estorsioni, detenzioni di armi, incendi e danneggiamenti) tutti realizzati avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416 bis codice penale.  

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