Vittime di torture tra migranti soccorsi dalla Mare Jonio: l'Ong fa ricorso contro il fermo amministrativo
I 58 naufraghi soccorsi dalla Mare Jonio e sbarcati ieri a Porto Empedocle provengono quasi tutti da paesi considerati dall’Italia come sicuri, in particolare dal Bangladesh e dall’Egitto. Si tratta di giovani e giovanissimi la cui età varia dai 16 ai 25 anni, tranne uno di 35. Hanno lesioni in diverse parti del corpo e cicatrici provocati dalle torture subite in Libia. Alcuni di loro hanno raccontato ai soccorritori della Ong di essere reduci da manifestazioni pacifiche in Bangladesh contro il nuovo governo e che, in seguito alle proteste, sono stati tacciati come oppositori, perseguitati e alcuni di loro anche arrestati. Uno di loro, una volta lasciato il suo paese d’origine e giunto in Libia, sarebbe stato catturato dai trafficanti locali e portato in un campo di detenzione nel quale avrebbe subito torture per 23 giorni, prima di essere liberato su pagamento di una cauzione di 7 mila euro, grazie all’aiuto della famiglia. I familiari di un altro ragazzo, sempre in Libia, sono stati costretti a vendere la propria casa in Bangladesh e inviare 13 mila euro. Altri ancora hanno raccontato di avere pagato fino a 20 mila euro per essere liberati dai campi di detenzione. La Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans, ieri, dopo aver fatto sbarcare i naufraghi a Porto Empedocle, ha chiesto il trasferimento della nave a Trapani, dopo il fermo amministrativo che gli è stato notificato ieri pomeriggio, per inosservanza del decreto Piantedosi. «Contro il fermo faremo ricorso, i nostri legali sono già al lavoro. Ma prima di questo, invieremo alle autorità istituzionali e a quelle giudiziarie competenti, il report con le testimonianze dirette e una prima valutazione medica, che attesta cosa ci siamo trovati di fronte quando abbiamo soccorso queste persone». Così Sheila Melosu, capo missione a bordo della nave Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans.