Agrigento

Domenica 24 Novembre 2024

Disabili torturati, umiliati e filmati: il licatese Antonio Casaccio condannato a 12 anni e portato in carcere

Un frame di uno dei video postati sulle piattaforme social

Ha accumulato alcune condanne con sentenze passate in giudicato. Antonio Casaccio, trentenne di Licata, è stato arrestato per scontare un totale di 12 anni e 5 mesi di reclusione. Ieri mattina, primo giugno, è stato prelevato dai carabinieri dalla sua abitazione e portato in carcere, alla casa circondariale Pasquale Di Lorenzo di contrada Petrusa, ad Agrigento. Si trovava agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Le sentenze definitive sono per i reati di lesioni personali, sequestro di persona, tortura, violazione di domicilio, danneggiamento, detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi. Si tratta di reati commessi a Licata dal 2019 al 2021. A carico del trentenne anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Antonio Casaccio era stato coinvolto, ed è stato condannato anche in appello, nell’inchiesta dei carabinieri che – con grande eco mediatico nazionale – portò alla luce il caso dei disabili picchiati, sequestrati e umiliati. Una vicenda con aspetti raccapriccianti che rivelava situazioni di estrema crudeltà in un contesto di piena degradazione morale. Scene dell’orrore riprese con i telefonini e video diffusi in rete e sui social con titoli di derisione. Nel mese di gennaio del 2021, il gip del tribunale di Agrigento, Alessandra Vella, aveva emesso nei confronti di tre licatesi - oltre ad Antonio Casaccio, Gianluca Sortino di 26 anni e Angelo Marco Sortino di 39 - un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Erano stati arrestati proprio perché picchiavano e filmavano alcuni disabili. I carabinieri della compagnia di Licata, li avevano fermati, accusandoli del grave reato di tortura, introdotto nell’ordinamento con la legge 110 del 2017, dopo che l’Italia era stata sanzionata dalla Unione Europea per la mancata applicazione della Convenzione di New York del 1984. L’inchiesta venne coordinata dall’allora procuratore capo Luigi Patronaggio e dal sostituto procuratore Gianluca Caputo, dopo la pubblicazione dei post sui social delle immagini registrate con uno smartphone. La vicenda ha avuto un notevole impulso con la decisione delle vittime, spaventate e intimidite, di rompere il muro del silenzio e denunciare tutto ai carabinieri con non poche difficoltà dovute al timore di potere subire ritorsioni. Ritorsioni che si sono verificate ai danni di uno degli invalidi che, appena due giorni prima, aveva denunciato i suoi aguzzini. Il 21 gennaio 2021, infatti, una delle vittime che aveva deciso di parlare con i carabinieri venne aggredita da più persone. Il 15 gennaio una delle vittime fu trascinata, legata con nastro adesivo in un vicolo di via Mazzini e picchiata con calci e pugni mentre altri riprendevano con un cellulare la scena poi postata da uno dei tre indagati sul proprio profilo Facebook con tanto di faccina sorridente e la didascalia: «Imballaggio Bartolini, consegniamo pacchi in tutta Italia. Per info contattatemi».

leggi l'articolo completo