Il Tar dice no al risarcimento danni per i titolari di un chiosco a Punta Grande, spiaggia del comune di Realmonte. I giudici amministrativi hanno ritenuto che il protrarsi dell'istruttoria, per la concessione demaniale da parte dell’amministrazione comunale di Realmonte e della Regione, non giustifichi l'asserita riduzione degli utili della società.
L'azienda, A. M. sas D. N. & C., con l’intento di realizzare un chiosco balneare a carattere stagionale, aveva presentato nel 2014 la richiesta per la concessione demaniale, ottenuta però soltanto diversi anni più tardi, nel 2019. Motivo per il quale la società aveva avviato un contenzioso davanti al Tar di Palermo, per ottenere un risarcimento danni pari a 640.000 euro, come utili non percepiti per il quadriennio 2016-2019. Il tribunale di giustizia amministrativa ha però rigettato il ricorso contro il Comune di Realmonte e contro l’assessorato regionale al Territorio, condannando invece la società ricorrente al pagamento delle spese processuali.
"Nello specifico – scrive in una nota l'avvocato Girolamo Rubino, che ha seguito il contenzioso per conto dell’amministrazione comunale e della Regione insieme all'avvocatura di Stato -, la società ricorrente contestava all'assessorato regionale al Territorio e al Comune di Realmonte, rispettivamente, la tardiva definizione del procedimento di rilascio della concessione demaniale marittima e il comportamento inerte tenuto dal Comune di Realmonte per il rilascio della valutazione di incidenza ambientale, richiesta ai fini dell’ottenimento della concessione". La difesa ha sostenuto, quindi che il semplice decorso del tempo non potesse far presupporre un danno e che, in ogni caso, non fosse stato provato. L’avvocato Rubino e l’avvocatura dello Stato hanno rilevato in giudizio l’infondatezza del ricorso proposto dalla società ricorrente, “eccependo come il danno da ritardo risarcibile non poteva essere presunto dalla società ricorrente quale effetto automatico del semplice scorrere del tempo, in quanto, per la sua sussistenza dovevano ricorrere anche i presupposti oggettivi e soggettivi previsti dall’art. 2043 c.c.”.
La stessa società, secondo quanto sostenuto, era stata destinataria di un provvedimento di decadenza e, quindi, non avrebbe potuto comunque avviare l'attività.
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