Il gioco d’azzardo e la distribuzione delle apparecchiature erano... Cosa loro in provincia di Agrigento e i profitti servivano a finanziare le famiglie mafiose. La Direzione investigativa antimafia ha eseguito una misura cautelare nei confronti di 10 persone. Una di loro è finita in carcere, 5 agli arresti domiciliari, per 4 è stato disposto il divieto di esercizio della professione e dell’attività imprenditoriale. L’ordinanza è del gip di Palermo, su richiesta della procura. L’operazione, coordinata dalla Dda di Palermo e denominata «Breaking Bet», ha fatto luce sugli interessi delle famiglie mafiose di Licata e Campobello di Licata, in provincia di Agrigento, e Campobello di Mazara, in provincia di Trapani, nel business delle scommesse.
Agli indagati vengono contestati i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, esercizio abusivo di attività d’intermediazione nella raccolta di gioco, tramite l’installazione di apparecchiature in assenza di concessione dell’Agenzia dei Monopoli, estorsione aggravata dall’agevolazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori. Le indagini hanno accertato una capillare distribuzione e installazione di postazioni per il gioco d’azzardo, realizzata attraverso la costituzione di società intestate a prestanome che ne schermavano la reale titolarità. Tramite gli apparecchi collegati in rete a siti internet esteri, ai giocatori era consentito partecipare a scommesse su eventi sportivi e scegliere, oltre ai giochi di abilità a distanza anche opzioni di gioco (tipo videopoker, roulette ecc.).
L’attività era destinata a contribuire al sostentamento economico delle famiglie mafiose di Licata e Campobello di Licata ma anche, in parte, ai vertici della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara. Cosa Nostra, oltre all’arricchimento economico, puntava a intensificare il controllo delle attività economiche sul territorio. Sono state eseguite inoltre diverse perquisizioni domiciliari.
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