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Cammarata, opificio scaricava nel fiume: tre imprenditori denunciati, multe per oltre 15 mila euro

Un momento della conferenza stampa del tenente colonnello Vincenzo Castronovo

Un opificio scaricava - inquinando il corso d’acqua - nel fiume Magazzolo, a Cammarata, in provincia di Agrigento. A scoprirlo, denunciando alla Procura di Agrigento tre imprenditori, dai 50 ai 55 anni, ed elevando sanzioni per oltre 15 mila euro, sono stati i carabinieri del centro Anticrimine Natura di Agrigento che hanno portato avanti le annuali verifiche sulla campagna olearia. I militari dell’Arma, durante i controlli, hanno rinvenuto uno scarico abusivo di acque di vegetazione attraverso un sistema di collettamento che conduceva direttamente nel letto del fiume Magazzolo.

Frantoi e fiumi, dunque: un connubio vietato quando questo vuol dire inquinamento, ma che spesso viene riportato alla ribalta della cronaca dalle indagini, come quella dei carabinieri che a Cammarata hanno accertato come gli scarichi provenienti dalla molitura delle olive arrivassero al fiume attraverso tubi interrati. Ad uno di questi venivano collegate, sempre per lo scarico dei reflui, le autocisterne.

I carabinieri del centro Anticrimine Natura, con a capo il tenente colonnello Vincenzo Castronovo, quest’anno, nei controlli sulla campagna olearia, si sono concentrati sull’area montana. I tre imprenditori hanno garantito il ripristino dello stato dei luoghi e per questo è stato loro concesso di pagare un quarto dell’ammenda.  «Il tubo era nascosto dalla vegetazione, difficile scoprirlo. Ma dal punto in cui l’acqua del fiume si colorava abbiamo fatto la risalita e siamo arrivati a trovare l’esatto punto di immissione - ha spiegato, durante la conferenza stampa convocata al Comando provinciale dell’Arma, ad Agrigento, il tenente colonnello Vincenzo Castronovo - . Attraverso l’immissione nei tubi di un tracciante fluorescente, siamo riusciti ad avere delle prove incontrovertibili sul punto di immissione del refluo non trattato». Fondamentali sono stati gli stimoli, precisi ed attenti, dei carabinieri della compagnia di Cammarata e dell’Arpa che ha consentito di cristallizzare la prova.

Utilizzato poi un drone, grazie al quale i carabinieri sono riusciti ad individuare un altro tubo, anch’esso parzialmente nascosto, che serviva per fare scaricare le autocisterne. «Il refluo se immesso nei fiumi genera un problema serio di equilibrio biologico, per non parlare della moria di pesci - ha spiegato Castronovo - . Causa la morte dei pesci e danneggia anche la flora dei fiumi. Tutto questo arriva al mare. Se non vogliono farlo per gli altri, lo facciano per i loro figli perché anche i figli degli imprenditori oleari vanno al mare. Del mare fruiamo tutti nel periodo estivo». Ma c’è di più e in un momento come questo, con la catastrofe di Ischia ancora viva negli occhi di tutti, diventa importantissimo sottolinearlo per il tenente colonnello Castronovo: «Questo tipo di inquinamento fa diventare meno permeabili i terreni, queste sostanze creano una specie di patina su cui l’acqua scivola, e l’aumento delle pendenze e della velocità delle acque genera fenomeni erosivi. Non soltanto l’abusivismo, ma anche questo tipo di inquinamento - ha concluso Castronovo - può innescare il concreto rischio di disastri».

Al contrario, le acque di vegetazione, opportunamente trattate, possono essere utilizzate quale correttore di acidità del terreno. Ma il trattamento costa e non tutti sono disposti a investire.

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