Il rullo dei tamburi, le note della Zingarella, la preghiera, il tradizionale grido «e chiamamu a cu n’aiuta: evviva San Calò», il suono della campana della famiglia Casesa e poi un lungo applauso. Ieri a mezzogiorno la statua di San Calogero è scesa dalla nicchia e ha fatto la sua apparizione nel sagrato del Santuario, dove ad attenderla c’era un bagno di folla trepidante. Un fiume umano emozionato e commosso per quell’abbraccio tanto atteso che mancava da due anni a causa della pandemia. Emergenza sanitaria che, seppur archiviata per decreto, continua a preoccupare, dopo il repentino aumento dei contagi da Covid-19 registrato anche nel nostro territorio.
E proprio per contenere la diffusione del virus, il tavolo tecnico dei festeggiamenti costituito in Prefettura ha proibito che i devoti salissero sulla vara. Era assolutamente vietato abbracciare e baciare il Santo Nero, così come la tradizione ultrasecolare vuole. E il veto ieri è stato rispettato. Il banco di prova della processione della prima domenica è stata superata a pieni voti, anche grazie all’impegno dei portatori di San Calogero, che hanno creato un cordone umano impedendo disordini, coordinati da don Alessandro Montana Lampo. In campo anche le forze dell’ordine, la Croce rossa Italiana, la protezione civile, il 118 e altri volontari. Un lavoro di interforze che ha contribuito al regolare svolgimento del corteo che si è concluso al santuario dell’Addolorata, registrando solo qualche piccolo infortunio dei portatori e lievi malori dovuti alle alte temperature.
Nessuno è salito sulla vara, ma non sono mancate le manifestazioni di fede, attaccamento e devozione dei confronti del vecchio miracoloso: i fiori, il tradizionale pane, gli ex voto e i bambini con il saio bianco. Non è passata inosservata ieri mattina la presenza dell’arcivescovo, monsignor Alessandro Damiano, tra i fedeli, al fianco dei devoti portatori. Forse è la prima volta che un presule partecipi anche alla processione diurna, sfidando il caldo, la ressa e quest’anno pure il rischio del Covid. Un segnale di apertura e condivisione con la sua gente.
«Questa processione - ha sottolineato il presule - è un momento esterno della pietà popolare e credo che la pietà popolare si possa comprendere se si condividono “i sudori” ed è lì che ci sono l’incontro e le grandi possibilità di dialogo. Siamo grati al Signore. Non bisogna dimenticare comunque che la pietà popolare ha il suo inizio e la sua fine nell’incontro personale con il Signore, oggi attraverso quella che può essere la mediazione di San Calò».
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