«Dichiaro formalmente e sostanzialmente, in maniera troncante e categorica, la mia decisa e personale dissociazione da qualunque associazione di stampo mafioso o criminale e da tutti i suoi affiliati e membri siano essi imputati o partecipi, liberi oppure detenuti, o non raggiunti ancora da provvedimenti giudiziari». Inizia così la lunga lettera che l’ormai ex avvocato Angela Porcello, in carcere da tredici mesi con l’accusa di avere fatto da «consigliori» e cassiera della famiglia mafiosa, legge in aula ad Agrigento al processo scaturito dall’inchiesta Xydi, che ha stretto il cerchio sull’ultima rete di fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro e sul mandamento di Canicattì, in cui avrebbe avuto un ruolo insieme all’ex compagno, l’imprenditore in odor di mafia Giancarlo Buggea, con il quale avrebbe condiviso non solo la relazione sentimentale ma pure la gestione degli affari del clan. «Mi pento e mi dissocio, ho fatto del male ai miei genitori e a mia figlia», scrive nella lettera. «Mi pento profondamente di essere stata componente, anche se minuscola ruota di un gigantesco ingranaggio, del sistema “mafia” nel territorio della provincia di Agrigento. Mi pento anche e soprattutto, in forza della mia coscienza umana, religiosa, di donna, di madre e di figlia». «La mafia è un mondo schifoso, provo pena per l’uomo che mi ha usata. Ebbene, negli anni, quasi un quarto di secolo di attività forense, ho preso atto che da Cosa nostra si esce per “morte”, perché si è “posati” usando il loro gergo, o per “rescissione o dissociazione». Bene, ad oggi, purtroppo non sono ancora morta, e non sapete quanto l’ho auspicato; non sono stata e, comunque, non intendo da questi soggetti essere né posata, né altro, non voglio che nella mia vita abbiano rapporti con me». L’ex avvocato, cancellata anche su sua stessa richiesta dall’Ordine professionale, attacca poi il suo ex compagno Giancarlo Buggea, di cui non fa il nome. «Nei suoi confronti oggi non provo né odio né rancore né come donna né come imputata perché questi disvalori non albergano e trovano posto nel mio cuore, nei suoi confronti provo solo pena. Pena per un misero uomo che mi ha usata, strumentalizzata, messa in ridicolo (le intercettazioni parlano chiaro), senza avere la pur minima dignità di uomo, se di uomo può parlarsi, di preoccuparsi e tutelare il mio ruolo di professionista e soprattutto di madre». L’avvocato Porcello quindi aggiunge: «Non ho mai portato un “pizzino” oppure un messaggio finalizzato alla commissione di un reato a nessuno». Sulla vicenda interviene il suo legale. «Le dichiarazioni della mia assistita - dice l’avvocato Giuseppe Scozzari - sono dirompenti, squarciano il muro dell’omertà e della compiacenza mafiosa! Si tratta di un atto di dissociazione e rescissione di straordinario coraggio! Nel silenzio del Pagliarelli le pesanti e forti parole di questa donna minuta, l’hanno proiettata ad essere un simbolo di grande rottura per quanti oggi vivono e dimorano nelle zone grigie della mafia. Spero lo Stato si accorga dell’importanza di questo gesto e non lo lasci cadere nel vuoto!».