«Ti sei sposata e devi fare la mamma, la macchina te la scordi perché chissà cosa combini». Per anni avrebbe costretto la moglie a vivere in uno stato di isolamento senza uscire, lavorare, coltivare amicizie e spazi di autonomia. Ma non solo: la donna sarebbe stata costretta a subire minacce, insulti e percosse fino a quando non ha deciso di denunciarlo. Il marito, adesso, con cui è in corso il procedimento di separazione, dovrà starle distante almeno 500 metri e non potrà comunicare con lei con nessun mezzo. Il gip del tribunale di Agrigento, Stefano Zammuto, ha applicato nei confronti del cinquantatreenne di Favara la misura cautelare del divieto di avvicinamento. Le indagini, che ipotizzano a suo carico i reati di maltrattamenti in famiglia e percosse, scaturiscono dalla denuncia della donna che ha raccontato di essere stata costretta, a partire dal 2013, a continue vessazioni e soprusi «frutto - scrive il giudice - di una visione padronale della famiglia». Talmente padronale da impedirle, sostiene l’accusa, di lavorare, frequentare altre persone e persino guidare l’auto. Quando la donna gli comunicò di avere trovato un’occupazione temporanea l’avrebbe minacciata di andarla a prendere per i capelli o di farle fare una «figuraccia» in modo che non l’avrebbe chiamata più nessuno. La situazione sarebbe peggiorata in seguito alla recente decisione della donna di chiedere la separazione. La presunta vittima, infatti, avrebbe iniziato a percuoterla e, in una circostanza, sarebbe stata colpita con un pugno alla nuca. L’indagato, assistito dal suo difensore, l’avvocato Daniele Re, ha cercato di sminuire parlando di semplici litigi e negando violenze.