Dodici anni di reclusione per il cinquantunenne Antonino Greco. Sette anni per il figlio Paolo, 25 anni. È il verdetto dei giudici della seconda sezione penale del tribunale di Agrigento, presieduta da Wilma Angela Mazzara, nei confronti dei due licatesi accusati di usura aggravata e tentata estorsione. Le condanne inflitte nei loro confronti sono ridotte rispetto alle richieste del pm (16 anni per il padre, 14 anni per il figlio) perché è stata esclusa l’aggravante del metodo mafioso. L’inchiesta a carico dei due imputati (difesi dagli avvocati Giovanni Lo Monaco, Francesco Lumia e Giovanni Castronovo) scaturisce da un’indagine su tre presunti casi di usura e altrettanti di tentata estorsione che risalirebbero al periodo compreso fra il 2016 e il 2019. Nel primo episodio la vittima, alla quale erano stati prestati 35 mila euro, sarebbe stata costretta dai due imputati a restituirne 54 mila, con un tasso di interesse del 54 per cento. Il solo Antonino Greco, per costringerlo a pagare, lo avrebbe picchiato e avrebbe minacciato di uccidere i suoi familiari. Un’altra vittima dello strozzinaggio, alla quale sarebbe stato imposto di restituire un prestito con un tasso del 240 per cento annuo, sarebbe stata aggredita con un tubo di acciaio e minacciata di morte da Antonino Greco. Padre e figlio, inoltre, avrebbero fermato l’auto di un conoscente, minacciando di ucciderlo con un bastone se non gli avesse dato 11.500 euro. La vittima, secondo quanto è stato accertato nel processo, sarebbe stata brutalmente picchiata per il rifiuto di pagare quella somma di denaro. «Mi sono trovato in un momento di difficoltà economica - aveva raccontato in aula una delle presunte vittime - e ho chiesto dei soldi in prestito ai Greco che, un paio di anni prima, si erano proposti di darmi una mano qualora avessi avuto bisogno. Sono stato sommerso dagli interessi, minacciato di morte e picchiato. Per restituire i soldi sono stato costretto pure a fare le truffe on line. Pagavo continuamente ma il debito non si estingueva mai».