Licata, dodici colpi per sterminare la famiglia del fratello: la disperata fuga del piccolo Vincenzo
Dodici colpi sparati con pistole diverse, una carneficina spietata e che non si è fermata di fronte a niente, nemmeno ai bambini, suoi nipoti. Vincenzo, il più piccolo, di soli 11 anni, aveva sentito grida e spari e si era nascosto sotto il letto, aveva poi cercato di fuggire, ma nemmeno questo lo ha salvato. In quel momento Angelo Tardino, il killer, non era più lui. Era come una macchina che doveva portare a termine il suo compito. Una freddezza che poi ha perso una volta compiuta la strage a Licata dell’intera famiglia del fratello Diego, come racconta la moglie, ancora sconvolta dal dolore. A raccogliere le sue parole sono stati i quotidiani La Sicilia e La Repubblica. La donna racconta visibilmente provata tutte le fasi successive alla strage, la telefonata del marito, lo stupore nell’apprendere che aveva ucciso anche i due figli minorenni. “Non c'entravano i bambini ma ho ucciso anche loro". La moglie gli avrebbe detto "Vieni, ti perdono, ma torna". Intanto l'autopsia iniziata ieri sui corpi delle quattro vittime della strage di Licata, in provincia di Agrigento, potrebbe richiedere più tempo del previsto. I tempi dello svolgimento dell’autopsia potrebbero dilatarsi a causa dell’alto numero di colpi di pistola che Angelo Tardino avrebbe sparato sul fratello Diego, 44 anni, sulla cognata Alexandra, 40 anni, e poi sui nipoti Vincenzo e Alessia, 15 anni. Sarebbero almeno 12 i bossoli, quelli trovati dalla scientifica nel luogo esatto dove è stata assassinata la prima vittima, Diego Tardino, appena fuori dalla sua abitazione, vicino ad una macchina. Angelo Tardino avrebbe sparato, contro il fratello Diego, quasi un caricatore intero. Poi, infatti, avrebbe utilizzato altre due pistole per colpire le altre tre vittime e poi spararsi un colpo alla tempia, nonostante il tentativo dei carabinieri di dissuaderlo: "Ho ucciso mio fratello, cosa esiste di più brutto?". Nell’aula magna del liceo Linares di Licata, ieri sera, intanto, s'è svolta una veglia di preghiera in memoria di Alessia. Al centro di un palco i compagni di classe hanno posizionato la foto di una sorridente Alessia ed accanto fiori, disegni, pensieri e ancora altre immagini. E’ stata una veglia di preghiera per condividere il dolore e la disperazione per «una perdita frutto di follia», è stato scritto su un cartellone. "Alessia la ricorderemo per la sua dolcezza e per il perenne sorriso - ha detto, durante la veglia di preghiera, il dirigente scolastico Ileana Tardino - era brillante ed un punto di riferimento per quanti la conoscevano. I ragazzi sono sconvolti, sono notizie che ascoltiamo ai telegiornali ma non si può mai pensare che accada dietro l’angolo». I docenti del liceo Linares stanno cercando di far elaborare, con supporto, il dolore dei compagni di classe. «Ci affideremo - ha annunciato la preside - a degli psicologici. Con il tempo, onoreremo la memoria di Alessia con quello che si può fare in una scuola: istituiremo una borsa di studio oppure le intitoleremo un laboratorio».