La Squadra mobile di Agrigento, a seguito di due articolate indagini svolte all'Hot Spot di Lampedusa, in sinergia con la Procura della Repubblica ha dato esecuzione a 2 distinti provvedimenti di fermo indiziario di delitto nell'ambito della immigrazione clandestina. Il primo provvedimento cautelare riguarda un cittadino della Guinea, di 33 anni, che oltre ad essere accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, deve rispondere di aver cagionato, come conseguenza della sua illecita condotta, la morte di una giovane donna, che si era messa in viaggio con il proprio figlio minorenne, rimasto orfano. Il secondo provvedimento cautelare riguarda 3 egiziani, uno di 43 anni e due di 42 anni, indagati autori di uno dei più grossi sbarchi, per numero di migranti, che si sono registrati nel mese di dicembre scorso Tale attività investigativa svolta dalla Squadra mobile di Agrigento ha individuato i quattro soggetti, che in violazione delle norme previste dal Testo Unico dell’Immigrazione clandestina avevano trasportato nel territorio italiano extracomunitari, per i quali veniva poi accertato lo status di stranieri irregolari, conducendoli dalle coste africane verso le acque territoriali italiane, a bordo di natanti inidonei ad effettuare la traversata. L’attività d’indagine è stata incentrata sulla ricostruzione delle dinamiche di due sbarchi verificatisi a Lampedusa nel mese di dicembre scorso, suscettibili di particolare interesse anche mediatico. Il primo è avvenuto la notte del 17 dicembre scorso e ha riguardato 26 migranti di varie nazionalità, giunti su un natante di legno della lunghezza di circa 6 metri, sicuramente inadatto a trasportare un tale numero di persone tant’è che, nel corso delle difficili operazioni di salvataggio, effettuate in condizioni marine particolarmente avverse, tutti gli occupanti del natante cadevano in mare a causa del ribaltamento dello scafo. Le immediate azioni poste in essere dai militari intervenuti, che permettevano di trasbordare sulle proprie unità navali tutti i migranti finiti in acqua, purtroppo non consentivano di salvare la vita a una giovane donna la quale, tirata a bordo già priva di sensi, poco dopo decedeva. Il secondo evento è del successivo 22 dicembre ed ha riguardato 75 migranti, per lo più originari del Bangladesh, giunti a Lampedusa a bordo di una imbarcazione in precarie condizioni di galleggiabilità. Anche in questo, la Squadra Mobile, a seguito di intensa ed articolata attività investigativa, è riuscita ad individuare tre soggetti di origine egiziana i quali, dalla ricostruzione effettuata, con il coinvolgimento di altri migranti libici ancora in corso di identificazione e in violazione delle norme previste dal Testo Unico dell’Immigrazione clandestina, hanno trasportato dal continente africano numerosi cittadini extracomunitari irregolari, favorendo il loro ingresso nelle acque territoriali italiane pur ponendoli a rischio per la loro vita al fine di tranne profitto. Gli investigatori della Squadra mobile, superate le difficoltà legate anche al timore dei migranti di riferire informazioni circa l’identificazione dei cosiddetti scafisti per paura di eventuali ritorsioni e al trauma fisico e morale a cui gli stessi erano stati sottoposti a seguito del naufragio, sono riusciti a far luce sull’intera vicenda, l’ennesima tragedia del mare registrata nel 2021. Hanno, così, identificato la persona che aveva condotto l’imbarcazione compendiando un quadro probatorio che ha permesso di contestare all’indagato il reato di favoreggiamento della immigrazione clandestina e la morte di una migrante L’esecuzione dei due provvedimenti di fermo si è concretizzata a seguito del trasferimento dei predetti con la nave di linea da Lampedusa a Porto Empedocle. Espletati gli adempimenti di rito il migrante guineano è stato associato alla Casa Circondariale di Agrigento mentre i tre migranti egiziani sono stati condotti presso il carcere di Caltanissetta. Ambedue i provvedimenti di fermo, nei giorni successivi, sono stati convalidati dal Gip del Tribunale di Agrigento, che ha disposto, per tutti, l’applicazione della custodia cautelare in carcere.