Salvare è «un dovere». Un obbligo sancito «dal diritto nazionale e internazionale del mare». Carola Rackete non ha commesso alcun reato entrando in porto a Lampedusa con i naufraghi soccorsi in mare da Sea Watch 3. Archiviato anche il procedimento penale nei confronti dell’ex comandante della nave, accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di aver violato l’articolo 1099 del codice di navigazione perché non obbedì all’ordine di non entrare nelle acque territoriali italiane, emesso ai sensi del Decreto Sicurezza Bis. La capitana «ha agito nell’adempimento del dovere di salvataggio», spiega il gip di Agrigento Micaela Raimondo.
Arresto illegittimo
Nel 2020 la Cassazione aveva sancito l’illegittimità dell’arresto di Carola Rackete. Lo scorso maggio un primo provvedimento di archiviazione fece, invece, cadere le accuse di resistenza a pubblico ufficiale e violenza a nave da guerra contro l’ex comandante. Di fatto oggi si chiudono tutte le indagini penali nei confronti dei membri della Sea-Watch. La richiesta di archiviazione della procura della Repubblica di Agrigento, le cui motivazioni sono state integralmente accolte dal gip nel decreto di archiviazione, riconosce la correttezza della condotta della comandante Carola Rackete nell’individuazione del place of safety più vicino e stabilisce che la Libia non può essere considerata, ai fini dello sbarco, un luogo sicuro. Fu quindi l’adempimento di un dovere giuridico, quello di portare in salvo le 42 persone soccorse da Sea-Watch 3, a dettare la scelta di Carola Rackete di entrare in acque territoriali italiane e attraccare al porto di Lampedusa il 29 giugno 2019.
Il decreto sicurezza bis naufraga?
Le motivazioni dell’archiviazione si soffermano anche sull'applicazione del Decreto Sicurezza Bis, sottoscritto dall’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che presupponeva la violazione, da parte dell’ex comandante di Sea Watch 3, delle norme nazionali e internazionali. In realtà, si legge nel decreto di archiviazione, «Rackete ha agito nell’adempimento del dovere di salvataggio previsto dal diritto nazionale ed internazionale del mare». Il decreto di archiviazione sembra dunque mettere in crisi l’applicabilità del Decreto Sicurezza Bis nel salvataggio dei migranti.
Porto libico non sicuro
«Non può essere considerata come luogo sicuro una nave in mare che oltre a essere in balia degli eventi meteorologici avversi non consente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone soccorse», si legge nel decreto del giudice, che riporta quando già statuito dalla Corte di Cassazione nel confermare l’ordinanza di non convalida dell’arresto di Rackete emesso dallo stesso ufficio del Gip di Agrigento. Accogliendo le motivazioni espresse dal pubblico ministero nella richiesta di archiviazione, dunque, il giudice ritiene che non esistessero elementi sufficienti a far ritenere che il passaggio di Sea-Watch 3 potesse definirsi «non inoffensivo», dal momento che la «non inoffensività del passaggio» non può essere desunta «dal solo presupposto che i naufraghi fossero tutti stranieri senza documento». Peraltro il giudice sottolinea che Carola Rackete «ha agito nell’adempimento del dovere perché non si poteva considerare luogo sicuro il porto di Tripoli». Il giudice cita un rapporto dell’Alto commissario per le Nazioni unite che ha sottolineato «che migliaia di richiedenti asilo, rifugiati e migranti in Libia versano in condizione di detenzione arbitraria e sono sottoposti a torture». Quanto all’averli condotti in Italia, nonostante il divieto, il gip aggiunge: «La condotta risulta scriminata dalla causa di giustificazione».
L'Ong tedesca: «Abbattuto muro legislativo»
«Quest’ennesima archiviazione - afferma la Ong tedesca Sea Watch - abbatte il pretestuoso muro legislativo eretto da Salvini e, nelle sue motivazioni, conferma quanto già stabilito dalla Corte di Cassazione: soccorrere chi si trova in pericolo in mare e condurlo in un luogo sicuro è un dovere sancito dal diritto internazionale».