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Discarica abusiva a Naro nei terreni confiscati alla mafia dal giudice Livatino

Foto d'archivio

Centinaia di tonnellate di eternit in lastre e cassoni, insieme e tanta altra immondizia. E, alle spalle, una fossa nera per i continui incendi di rifiuti speciali e pericolosi.

Il disastro ambientale ignorato è in Sicilia, in provincia di Agrigento, come rende noto un articolo di Avvenire.

Uno schiaffo a Rosario Livatino giudice ucciso dalla mafia e beatificato lo scorso maggio. Proprio Livatino degli anni '80 aveva sequestrato questo pezzo di terra nelle campagne di Naro, strappato alla mafia con l’operazione Santa Barbara contro le cosche di Canicattì e in particolare la famiglia Guarnieri.

A questa famiglia venne confiscato questo pezzo di terra; a giugno 2012 nasce una cooperativa proprio con il nome del magistrato che ha raccolto da poco grano e ceci in una parte di questi terreni.

In quell'appezzamento invece i rifiuti già c'erano quando i giovani soci della coop sono arrivati Ma la massa di rifiuti è cresciuta nonostante le denunce presentate in Comune, alla prefettura e al corpo forestale regionale. Lo stesso giornale l’anno scorso aveva raccolto la denuncia presentata da Giovanni Lojacomo, presidente della cooperativa, perchè una una parte dei terreni che avrebbe dovuto coltivare era occupata da decenni da pastori e dalle loro pecore.

In questo caso, l’area venne liberata dall’intervento della procura e dei carabinieri. Ma la discarica, cui sono attigui campi coltivati non solo dalla cooperativa, terreni che hanno anche una falda acquifera poco profonda, non riesce ad essere eliminata. Anzi dalle stradine che la costeggiano arrivano camion piccoli che continuano a portare lastre di eternit.

Ci sono anche cassoni dell’acqua con la scritta 'Eternit siciliana', canne fumarie, copertoni bruciati. Le prime denunce la cooperativa le ha presentate a gennaio 2017; a febbraio arriva il sequestro dell’area e la nomina di un custode giudiziario, ma i rifiuti rimangono. Poi un’ordinanza del 22 agosto 2019 del Comune intima alla cooperativa di toglierli, nonostante il terreno sia di proprietà comunale. La cooperativa fa ricorso al Tar che le dà ragione a dicembre e annulla il provvedimento del Comune. Da quel momento in poi dei rifiuti non se ne occupa più nessuno.

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