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Mini-sbarchi senza sosta a Lampedusa, sei in poche ore: approdati 242 migranti

Salgono a otto, con un totale di 242 migranti, gli sbarchi avvenuti a Lampedusa dall'alba di oggi. Dopo i primi due, che hanno portato 25 migranti nell’isola, si sono registrati continui approdi per un totale di otto barconi con 242 persone.

A metà mattina 39 migranti, a bordo di un barcone, sono stati soccorsi al largo di Lampedusa da due motovedette della Guardia di finanza. Poi è stata la volta di un’imbarcazione con 98 persone a bordo, tra cui 7 donne e 15 minori, di origine egiziana, tunisina e palestinese: a soccorrerli è stata la Guardia di finanza. Una donna incinta appartenente a questo gruppo è stata trasferita per accertamenti al poliambulatorio di Lampedusa. E poi ancora altri venti tunisini sono sbarcati sull'isola. Ad intercettare il loro barchino è stata una motovedetta della Guardia di finanza. Anche questo gruppo è stato portato all’hotspot di contrada Imbriacola da dove, poco dopo, sono stati trasferiti 231 migranti sulla nave quarantena Atlas che ha ormeggiato a Cala Pisana.

Poi è stata la volta di un barcone di 10 metri, con a bordo 24 tunisini, fra cui una donna, soccorso da una motovedetta dei carabinieri. Un altro natante, con 19 tunisini, fra cui due donne, è stato invece bloccato davanti all’Isola dei Conigli dalla motovedetta della Capitaneria. Infine 17 tunisini sono stati agganciati e trainati fino al molo Favarolo da una motovedetta della Guardia di finanza. Nel centro di accoglienza, al momento, ci sono 239 migranti, al di sotto della capienza massima prevista di 250.

Naufragio, sospese le ricerche

Le ricerche dei dispersi del naufragio di Lampedusa, avvenuto mercoledì scorso, in cui hanno perso la vita 7 donne, sono state sospese. I 46 migranti superstiti hanno raccontato che all’appello mancherebbero nove persone, fra cui diversi bambini. La Capitaneria di porto, la Guardia di Finanza e i carabinieri li hanno cercati per tre giorni. Le operazioni proseguiranno qualora dovessero esserci tracce di dispersi nelle acque antistanti l’isolotto di Lampione dove si è verificata la tragedia a causa del ribaltamento di un barcone nelle fasi del soccorso. Il naufragio, in particolare, si sarebbe verificato perchè i migranti, alla vista dei soccorritori, si sarebbero ammassati tutti su una fiancata del barcone.

Spari su un barcone: la denuncia di Sea Watch

La Sea Watch ha presentato una denuncia per tentata strage in mare alla procura di Agrigento dopo gli spari da parte di una motovedetta libica verso un barcone carico di migranti. Sulla vicenda la Guardia costiera libica, dopo la pubblicazione sui social del video realizzato da un aereo della Ong, ha aperto un’inchiesta interna. La procura di Agrigento dovrà ora verificare la giurisdizione per stabilire se potrà o meno procedere.

Nave di Msf in fermo amministrativo ad Augusta

Un’altra nave di una ong in fermo amministrativo. Al termine di una ispezione durata circa dodici ore, è stato disposto lo stop della «Geo Barents», nave di Medici senza frontiere. Il provvedimento è scattato dopo le verifiche della Guardia costiera ad Augusta, dove la Geo Barents si trovava dal 17 giugno, quando era approdata con 410 migranti, tra cui 91 minori non accompagnati, soccorsi in diversi interventi nel Mediterraneo centrale.

Gli ispettori, specializzati in sicurezza della navigazione, spiega la Guardia costiera, hanno sottoposto la nave battente di bandiera norvegese per verificare l’adeguatezza rispetto alle norme in materia di sicurezza della navigazione, composizione e certificazione dell’equipaggio, tutela ambientale e condizioni di vita e di lavoro a bordo. La «Geo Barents» è attraccata nel porto di Augusta per sbarcare 410 migranti, dove ha successivamente trascorso il periodo di quarantena.

La nave è stata sottoposta a una ispezione periodica, prevista dalla direttiva comunitaria, sostiene sempre la Guardia costiera, essendo trascorsi più di 12 mesi dall’ispezione precedente, svolta in Finlandia nell’aprile 2019. Sarebbero emerse «diverse irregolarità di natura tecnica», tali «da compromettere non solo la sicurezza degli equipaggi, ma anche delle stesse persone che sono state e che potrebbero, in futuro, essere recuperate a bordo, nel corso del servizio di assistenza svolto».

 

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