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Mafia, sequestro di beni a boss fatto condannare da Livatino e al fratello

Sequestrati i beni di un esponente della Stidda che era stato fatto condannare da Rosario Livatino. I sigilli sono scattati per immobili e conti correnti per 400 mila euro dei fratelli Antonio e Giuseppe Maira, di 65 e 71 anni. Si tratta di immobili situati a Canicattì e Caltanissetta e depositi bancari.

Dei due fratelli, Antonio è stato personaggio di primo piano nel panorama criminale della provincia agrigentina, in quanto contiguo già negli anni '80 alla Stidda, subendo diverse condanne, tra cui quella più pesante inflittagli con la pubblica accusa sostenuta dall’allora giovane magistrato Rosario Livatino, proclamato Beato la scorsa domenica.

L'operazione è stata condotta da personale della Divisione Polizia Anticrimine, Sezione Misure di Prevenzione patrimoniali della questura di Agrigento,

Secondo i vari collaboratori di giustizia, il magistrato fu ucciso proprio perchè a causa delle pesanti condanne ad affiliati della Stidda, tra cui Antonio Maira, condannato anche per traffico di droga e armi, nel 1986, a 22 anni e sei mesi, poi ridotti in appello a 17 anni e sei mesi: la condanna più elevata che scontò fino al 2004.

L'indagine

Nel dicembre 2019, per usura, i fratelli Antonio e Giuseppe Maira, erano stati fermati dalla polizia di Canicattì. Le indagini dell'epoca, suffragate anche dalle dichiarazioni di alcune vittime, fecero emergere che i due sarebbero stati responsabili di usura nei confronti di piccoli imprenditori in difficoltà, cui chiedevano tassi di interesse del 120 per cento annuo a fronte di somme prestate. Per questi fatti, in abbreviato, i due sono stati condannati a 4 anni di reclusione Antonio e a 5 anni Giuseppe Maira. Concluse le indagini di Mobile e militari dell'Arma, l' indagine è passata agli specialisti delle indagini patrimoniali. C'è infatti uno specifico nucleo all'interno della divisione Anticrimine della Questura.
I poliziotti hanno iniziato a scavare nei flussi finanziari dei due indagati, a partire dal 2000, e hanno rilevato la sperequazione tra le esigue somme di denaro di provenienza lecita e gli investimenti immobili e mobiliari, individuando abitazioni e botteghe tra Canicattì e Caltanissetta. Immobili che sono stati ritenuti - dagli investigatori - il reimpiego di capitali illeciti. Adesso, la sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo ha disposto i sequestri finalizzati a confisca. Si tratta di 5 appartamenti - fra Canicattì e Caltanissetta - con relative pertinenze, 3 magazzini, depositi bancari intestati anche ai familiari (19 rapporti bancari/finanziari per la precisione) e un'autovettura Audi Q3. Un patrimonio stimato in circa 400 mila euro.

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