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Uccise ergastolano a Ravanusa, killer condannato a 30 anni

Il luogo dell'omicidio

Ergastolano libero per decorrenza dei termini ucciso davanti casa il giorno di Pasquetta: i giudici della Corte di assise di appello di Palermo hanno inflitto 30 anni di carcere a Orazio Rosario Cavallaro, 61 anni, il pregiudicato di Ravanusa finito in carcere il 2 ottobre del 2018 con l’accusa di essere il killer che ha ucciso, sei mesi prima, il coetaneo Angelo Carità di Licata, a sua volta condannato al carcere a vita in primo grado, per omicidio, ma libero per decorrenza dei termini.

La sentenza di appello riduce la pena decisa in primo grado dal gup di Agrigento, Luisa Turco, che gli aveva inflitto l’ergastolo. Cavallaro, originario di Catania, ma da tanti anni residente a Ravanusa, vecchia conoscenza degli inquirenti per il coinvolgimento nell’inchiesta antimafia «Cocktail» e in altre indagini di minore spessore, secondo i giudici ha messo a segno il delitto che sembrerebbe collegato all’omicidio commesso a sua volta da Carità.

La vittima era stata condannata per l’omicidio di Giovanni Brunetto, l’imprenditore agricolo di 56 anni ucciso e sotterrato nella casa di campagna di un avvocato di cui Carità aveva la chiave perchè stava svolgendo alcuni lavori agricoli.

Sarebbe lui, quindi, secondo quanto accertato nel processo, il killer di Angelo Carità, bracciante agricolo di 61 anni, freddato a Licata la mattina di Pasquetta del 2018, nei pressi della sua casa di campagna. A inchiodarlo furono le immagini di videosorveglianza di un negozio che immortalarono la scena a distanza e le tracce di sangue sul suo giubbotto. L’ipotesi processuale è che Cavallaro sia stato ingaggiato come sicario a pagamento.

Le piste investigative sui presunti mandanti, però, non hanno portato ad alcun riscontro. Cavallaro è stato pure condannato a risarcire i familiari della vittima che si sono costituiti parte civile con l’assistenza degli avvocati Antonino Gaziano, Vincenza Gaziano e Salvatore Manganello. Il suo difensore, l’avvocato Graziano Magliarisi, aveva chiesto l’assoluzione, contestando la ricostruzione dei fatti e chiedendo, in subordine, una riduzione della pena.

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