Il business dei telefonini in carcere grazie agli agenti di polizia penitenziaria compiacenti e i tanti giri di affari loschi che sarebbero stati organizzati dalle celle: la procura di Palermo, meno di due mesi dopo l’operazione «Mobile phones in cell», che ha portato all’arresto di cinque persone con varie accuse che vanno dalla corruzione alla cessione di sostanze stupefacenti, ha già chiuso l’inchiesta. Sono otto, in tutto, gli indagati nei cui confronti si profila una richiesta di rinvio a giudizio. Fra loro c’è James Burgio, 28 anni, di Porto Empedocle, al quale si contesta di avere organizzato il trasporto di una partita di droga dall’interno di una cella. Il giovane, che ha nominato come difensori gli avvocati Salvatore Pennica e Rosario Fiore, ha alle spalle una lunghissima serie di vicissitudini giudiziarie. Fra le altre cose era detenuto per un tentato omicidio per il quale è stato condannato e per l’accusa di essere un affiliato del clan messo in piedi dal boss Antonio Massimino che avrebbe gestito un vasto narcotraffico che serviva a finanziare la famiglia di Cosa Nostra. Il suo nome figura nella lista degli imputati del processo “Kerkent “: i pm della Dda hanno chiesto nei suoi confronti la condanna a 12 anni di reclusione. Le indagini, condotte dal nucleo investigativo della polizia penitenziaria, insieme al reparto territoriale dell’Ucciardone, avrebbero permesso di accertare che Giuseppe Scafidi - agente di polizia Penitenziaria, sospeso dal servizio e arrestato nel blitz, in forza all’Ucciardone di Palermo - ha accettato somme di denaro per introdurre uno smartphone e due miniphone all’interno del carcere. I tre dispositivi erano destinati al detenuto Fabrizio Tre Re, condannato con sentenza della Corte di appello di Palermo per l’omicidio di Andrea Cusimano, commesso in concorso con Calogero Pietro Lo Presti al mercato del Capo di Palermo nell’agosto del 2017. Tre Re è stato compagno di cella al Pagliarelli di Burgio. Al ventottenne viene contestato, sulla base di alcune intercettazioni, di avere tentato di organizzare insieme a Tre Re la vendita di una partita di cinque chili di droga. Burgio, in occasione dell’interrogatorio di garanzia, davanti al gip Piergiorgio Morosini si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il pubblico ministero Andrea Fusco, adesso, ha fatto notificare l’avviso di fine inchiesta. La difesa di Burgio avrà venti giorni di tempo per provare a convincere il pm, con l’eventuale richiesta di un interrogatorio oppure presentando memorie difensive e sollecitando atti di indagine, a non chiedere il rinvio a giudizio. L'articolo nell'edizione di Agrigento del Giornale di Sicilia