«Alla luce di quanto emerso dalle sentenze che sono state prodotte dalla difesa e dalla circostanza che la prova certa di un efficiente contributo all’associazione mafiosa si colloca (come ultima condotta) nel mese di agosto del 2005, si ritiene che non vi siano elementi sufficienti che consentano di disporre la confisca dei beni». Secondo i giudici della prima sezione misure di prevenzione, presieduta da Alfonso Malato, non vi sono elementi attuali per desumere che i beni dell’imprenditore favarese Stefano Valenti, 54 anni, siano stati acquisiti in maniera illecita e vadano, quindi, requisiti. Il collegio, accogliendo la richiesta dei difensori, gli avvocati Angela Porcello e Raffaele Bonsignore, ha rigettato la richiesta della Dda di confisca del complesso aziendale della Co.Ge.Val. e di alcuni conti correnti perchè - secondo l’ipotesi accusatoriache non ha retto al vaglio del procedimento in contraddittorio - acquisiti illecitamente grazie alla sua vicinanza a Cosa Nostra. Valenti, già condannato a 4 anni di reclusione per associazione mafiosa nel processo “Akragas 2“, di recente è stato arrestato e condannato - in primo grado, al termine del processo con rito abbreviato, ora in discussione in Corte di appello - a 6 anni e 8 mesi di reclusione per l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa venendo assolto da due ipotesi di estorsione (una tentata e l’alt ra consumata) e una di intestazione fittizia di beni. L'articolo completo nell'edizione di Agrigento-Caltanissetta-Enna del Giornale di Sicilia.