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Mafia, confiscati beni a un imprenditore di Favara

I giudici della prima sezione Misure di prevenzione del tribunale di Agrigento, presieduta da Alfonso Malato, hanno disposto la confisca dei beni di Gioacchino Cinquemani, 78 anni, di Favara, condannato a 7 anni di carcere per associazione mafiosa nel 2001, nel primo processo alle cosche mafiose della provincia di Agrigento.

Nella lista dei beni, intestati anche a moglie, figlia e nipote, acquisiti dallo Stato, ci sono otto quote di fabbricati, due appartamenti, due appezzamenti di terreno, un’autovettura e svariati conti correnti.

L’analisi contabile del suo patrimonio ha riguardato un periodo molto ampio che andava dal 1979 al 2014. Oltre alla condanna per associazione mafiosa, Cinquemani ha subito la confisca dei suoi beni (parte dei quali, però, è stata ritenuta di origine lecita) anche per un procedimento penale per estorsione che si è concluso con l’archiviazione.

Un collaboratore di giustizia - il gelese Carmelo Billizzi - raccontò di avere chiesto a Cinquemani, che in quel periodo con la sua impresa edile stava facendo dei lavori in provincia di Caltanissetta, di mettere a posto un imprenditore. I soldi, secondo quanto riferisce il pentito, poi sarebbero arrivati al capomafia come da «protocollo». I difensori, gli avvocati Daniela Posante e Maria Alba Nicotra, potranno adesso impugnare il provvedimento in Corte di appello. I giudici, inoltre, accogliendo su questo punto le tesi della difesa, hanno rigettato la richiesta di applicazione della sorveglianza speciale per 4 anni, ritenendo che la pericolosità sociale non fosse più attuale.

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