La Procura di Agrigento ha posto sotto sequestro l'area dell'ex mattatoio comunale di Licata, devastata dall'incendio divampato per cause da accertare. Le fiamme hanno distrutto circa 10 mila mastelli che dovevano essere distribuiti ai cittadini per l'avvio della raccolta differenziata ed erano stati acquistati dalla ditta privata che andrà a gestire il servizio.
Si trattava di materiale in plastica che bruciato si è reso altamente tossico, per un danno stimato di oltre 250 mila euro, oltre al danno ambientale da non sottovalutare. La nube nera è stata visibile per molti chilometri e poi si è diradata. La Protezione civile ha invitato la cittadinanza a chiudere le finestre.
Sull'episodio, che sembra di natura dolosa, interviene il sindaco, Pino Galanti. «La magistratura agrigentina - spiega Galanti - ha aperto un'inchiesta sull'accaduto. Io ed il Comune siamo pronti a mettere a disposizione ogni strumento affinchè si scoprano le cause del rogo. Ci auguriamo che non si tratti di un'azione dolosa. In caso contrario, infatti saremmo costretti a considerare l'ipotesi di un gesto teso a scuotere la vita cittadina o, ancora peggio, a minare la stabilità politico - amministrativa di Licata. Ancora una volta ribadiamo la nostra voglia di continuare ad amministrare una città con tanti problemi, ma altrettante risorse. Lo ripetiamo: dal degrado si esce solo se tutte le forze sane della città, cui ci appelliamo, lavorano insieme, rimangono unite. Diciamo basta - aggiunge il primo cittadino - alle inutili, e dannose, speculazioni politiche che anche di fronte ad un disastro come quello di oggi, purtroppo, non sono mancate».
L'articolo completo nell'edizione di Agrigento, Caltanissetta ed Enna del Giornale di Sicilia di oggi.
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